La liturgia della Parola nel giorno di Pasqua, che è la massima celebrazione cristiana, offre un’ampia possibilità di scelta perché le varie celebrazioni, che hanno inizio nella notte di Pasqua, definita “la veglia madre di tutte le veglie” ripropongono la profondità del mistero, di un evento straordinario che riguarda la risurrezione di un uomo, quella stessa risurrezione che, quando San Paolo ne parlò agli ateniesi, fu deriso.
Nella celebrazione della Messa di Pasqua del giorno, abbiamo nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, Pietro, in casa del centurione Cornelio, annuncia che Dio ha risuscitato Gesù dai morti e loro, i discepoli, ne sono i testimoni.
Nella seconda lettura, Paolo scrivendo ai Colossesi, afferma che il cristiano è già risorto con Cristo quando è uscito dalle acque purificatrici del Battesimo. Questo vuol dire che uniti a Cristo nel sacramento già partecipiamo alla Sua vita.
Nel Vangelo di Giovanni, il primo annuncio della resurrezione ci viene dalle donne, in particolare da Maria Maddalena, poi più concretamente da Pietro e dal “discepolo che Gesù amava” che corrono al sepolcro. Ma per primo è proprio questo discepolo che vide e credette, alla luce delle Scritture, che avevano preannunciato la risurrezione di Gesù Cristo. Questo discepolo, raffigura il volto del discepolo di Cristo di tutti i tempi. Egli riceve da Dio la certezza anche della propria risurrezione, che ha sua radice visibile in Gesù morto, sepolto e libero per sempre dalla tomba, ma il cui trionfo pieno è nel grande evento della Pasqua in cui sono coinvolti tutti gli uomini, fratelli di Cristo nella carne.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».
At 10,34a.37-43
Il libro degli Atti degli Apostoli, la cui redazione definitiva risale probabilmente attorno al 70-80, è attribuita all’evangelista Luca, che è anche autore del Vangelo che porta il suo nome. Il libro è composto da 28 capitoli e narra la storia della comunità cristiana dall'ascensione di Gesù fino all'arrivo di Paolo a Roma e copre un periodo che spazia approssimativamente dal 30 al 63 d.C.. Oltre che su Paolo, l'opera si sofferma diffusamente anche sull'operato dell'apostolo Pietro e descrive il rapido sviluppo, l'espansione e l'organizzazione della testimonianza cristiana prima ai giudei e poi agli uomini di ogni nazione.
Nella seconda parte dell’opera viene delineata l’espandersi dell’annunzio evangelico al di fuori di Gerusalemme. A tal fine Luca presenta l’opera di Filippo in Samaria, la conversione dell’eunuco della regina d’Etiopia, e la straordinaria conversione del persecutore Saulo sulla via di Damasco. Infine egli racconta un viaggio apostolico di Pietro nella zona costiera della Palestina, a conclusione del quale mette la conversione del centurione Cornelio, con tutti i suoi famigliari, facendo di loro i primi pagani che aderiscono al cristianesimo senza passare attraverso la circoncisione. Per Luca è importante sottolineare come questo evento, che apre la porta della Chiesa ai pagani, sia accaduto per opera dello stesso Pietro.
Questo brano ci riporta parte del discorso che Pietro tenne nella casa del centurione Cornelio, noto come uomo pio, alla ricerca di Dio, che viveva con tutta la sua famiglia nella città sede del governatore, Cesarea. Cornelio aveva accettato le credenze e i principi morali del giudaismo, senza però arrivare alla circoncisione con tutti gli obblighi morali che essa comportava. Luca riporta nei versetti precedenti che Cornelio a seguito di una visione di un angelo, che lo aveva chiamato per nome, invitò Pietro nella sua casa, per appagare questa sua sete di verità. In questo discorso che Pietro fa, sono chiaramente delineati i tratti fondamentali della vita di Gesù, dal battesimo, fino alla Sua morte e resurrezione. Pietro e gli altri discepoli sono dei testimoni e possono perciò affermare la storicità di Gesù che annunzia la buona novella nella Galilea e nella Giudea negli anni 30-36 non solo, ma possono anche affermarne la Sua divinità.
Per testimoniare la Sua morte e resurrezione Pietro a nome degli altri discepoli afferma: “noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.”
Pietro continua dicendo che Gesù è giudice dei vivi e dei morti, e questa espressione indica la totalità del potere acquisito da Cristo nella Sua opera di salvezza. “A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”.
Oltre agli apostoli, anche le Scritture profetiche sono testimoni della risurrezione di Cristo. Nel suo stile Luca presenta la salvezza come "perdono dei peccati“ e la novità sta nell'estendere la salvezza cristiana a "chiunque crede in lui“.
Salmo 117 Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele: «Il suo amore è per sempre».
La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
La destra del Signore si è innalzata,la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Il salmo è stato composto per essere recitato con cori alterni e da un solista. Esso celebra una vittoria contro nemici numerosi.
Probabilmente è stato scritto al tempo di Giuda Maccabeo dopo la vittoria su Nicanore e la purificazione del tempio di Gerusalemme (1Mac7,33; 2Mac 10,1s) (165 a.C). Si è condotti a questa collocazione storica, a preferenza di quella del tempo della ricostruzione delle mura di Gerusalemme con Neemia (445 a.C), dal fatto che si parla di “grida di giubilo e di vittoria”, che sono proprie di una vittoria militare. Inoltre le “tende dei giusti” non possono essere né le case, né le capanne di frasche per la festa delle Capanne, ma le tende di un accampamento militare.
Il salmo inizia con l'invito a celebrare l'eterna misericordia di Dio. A questo viene invitato tutto il popolo: “Dica Israele il suo amore è per sempre"; i leviti e i sacerdoti: “Dica la casa di Aronne”; i “timorati di Dio”: “Dicano quelli che temono il Signore” (Cf. Ps 113 B).
Il solista - storicamente Giuda Maccabeo – presenta come Dio lo ha aiutato dandogli la forza, nella confidenza in lui, di sfidare i suoi nemici.
Egli non ha confidato, né intende confidare, in alleanze con potenti della terra, che lo avrebbero trascinato agli idoli, ma ha confidato nel Signore. Era circondato dal fronte compatto delle genti vicine asservite al dominio dei Seleucidi, ma “Nel nome del Signore le ho distrutte". L'urto contro di lui era stato forte, ma aveva vinto nel nome del Signore: “Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto”. “Cadere” significa cedere all'idolatria.
Egli sa che deve continuare la lotta, ma è fiducioso nel Signore: “Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore”. “Le opere del Signore” sono la liberazione dall'Egitto, l'alleanza del Sinai e la conquista della Terra Promessa.
Il solista, che è alla testa di un corteo chiede che gli vengano aperte le porte del tempio purificato dopo le profanazioni di Nicanore per “ringraziare il Signore”: “Apritemi le porte della giustizia...”.
“La pietra scartata dai costruttori”, è Giuda Maccabeo e i suoi, scartati da tanti di Israele che si erano fatti conquistare dai costumi ellenistici (1Mac 1,11s). Tale pietra per la forza di Dio era diventata “pietra d'angolo”, per Israele.
“Questo è il giorno che fatto il Signore”; il giorno della vittoria, del ripristino del culto nel tempio, è dovuto al Signore. Per noi cristiani quel giorno è il giorno della risurrezione; della vittoria di Cristo contro il male.
Il corteo viene invitato a disporsi con ordine fino all'altare: “Formate il corteo con rami frondosi fino agli angoli dell'altare”.
Il salmo si conclude ripetendo l'invito a celebrare la misericordia del Signore.
Il salmo è messianico nel senso che esso profeticamente riguarda il Cristo: (Mt 21,42; Mc 12,10; Lc 20,17; At 4,11; Rm 9,23; 1Pt 2,7).
Commento di P.Paolo Berti
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Col 3,1-4
La Lettera ai Colossesi (come la lettera agli Efesini ) secondo la tradizione cristiana fu scritta con tutta probabilità da Paolo a Roma durante la sua prima prigionia, probabilmente nel 62-63. Colosse era allora una piccola città dell’entroterra dell’Asia minore, meno importante delle vicine Laodicea e Ierapoli. In tutti e tre questi centri si erano costituite delle chiese cristiane (v.4:13). Paolo aveva attraversato la regione già due volte, nel secondo e nel terzo viaggio missionario (Att. 16:6, 18:23). Con molta probabilità, la chiesa fu il risultato dell’opera di Paolo a Efeso, distante circa 160 chilometri da Colosse. L’effetto della predicazione di Paolo a Efeso fu di notevole e vasta portata, possiamo dunque immaginare che qualche cittadino di Colosse, avendo udito il Vangelo a Efeso e accettato la fede in Cristo, avesse in seguito fondato una chiesa nella sua città di origine.
Il primo capitolo della lettera contiene i saluti di Paolo (Col 1,1-23) e termina con una esposizione dei temi che si vogliono trattare. Essi sono: l’opera di Cristo per la santità dei credenti, la fedeltà al vangelo ricevuto. L’ultimo di questi temi è quello trattato per primo (1,24-2,5). Successivamente Paolo affronta il secondo tema, che riguarda la fedeltà al vangelo (2,6-23) e infine si concentra sull’opera di Cristo a vantaggio dei credenti (3,1-4,1).
Il brano liturgico riprende la prima parte del terzo capitolo in cui presenta l’opera di Cristo. Nella parte precedente Paolo aveva esposto una critica sulle teorie che mettono a rischio la fedeltà al vangelo, con l’esortazione ad abbandonare le false dottrine che venivano proposte. Queste inculcavamo la sottomissione agli elementi di questo mondo, verso i quali i colossesi dovevano ritenersi ormai “morti.” Questa morte però prelude a una vita nuova, che essi hanno già ottenuta.
Da qui ha inizio il brano liturgico:
“se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”.
La risurrezione dai morti non è più vista da Paolo come un evento escatologico, collegato con il ritorno di Gesù, ma come una realtà già realizzata. Con Cristo, anche i credenti in Lui sono già risorti, e godono la stessa vita nuova di cui Egli è entrato in possesso mediante la Sua risurrezione e ascensione al cielo.
È questa una convinzione tipica della seconda generazione cristiana, per la quale la parusia è vista ormai come un evento che si perde nella notte dei tempi, ma che ha già avuto una realizzazione anticipata mediante l’associazione del credente a Cristo Proprio per questo motivo i credenti devono considerarsi come già risorti con Cristo e sono invitati a cercare anche loro “le cose di lassù”, cioè quelle che stanno a cuore a Cristo nella Sua nuova situazione di Messia che siede alla destra del Padre. Sulle cose di lassù, dunque essi devono concentrare il loro pensiero, non più sulle cose della terra ma alle “cose di lassù”.
La situazione di morte e di vita tipica dei credenti in Cristo viene poi ulteriormente specificata con queste parole: Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!
Ciò che è visibile per il momento è solo la loro morte, perché la loro nuova vita, in quanto partecipazione alla vita di Cristo in Dio, non è visibile agli occhi del corpo. Ma “Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria”.
Paolo ha già spiegato che la risurrezione dei morti non avrà luogo al momento del ritorno di Gesù, ma è già avvenuta. Tuttavia qui egli sottolinea che solo quando Cristo verrà, la loro nuova vita sarà manifestata, in quanto anche loro parteciperanno alla Sua gloria. non è più necessario quindi aspettare con impazienza la realizzazione degli eventi escatologici. Infatti la risurrezione, che avrebbe dovuto realizzarsi con il ritorno di Gesù, si è già attuata per coloro che, mediante la partecipazione alla morte e alla risurrezione di Gesù, sono diventati un’unica cosa con Lui.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Gv 20,1-9
Questo brano tratto dal Vangelo di Giovanni inizia riportando che “Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro”.
Si può facilmente immaginare lo stato d’animo di Maria di Màgdala mentre si reca al sepolcro: Il suo cuore è triste, prigioniero della disperazione e dimentico della fede, forse non le viene neppure in mente l’idea della resurrezione di cui sicuramente Gesù le aveva parlato, non riesce a staccarsi da quel Gesù che aveva seguito e amato, sa solo che ora è morto, ma vuole almeno un luogo per piangerlo. Ma, arrivata là, vede la pietra ribaltata! Non ha bisogno neppure di entrare, percepisce già che il corpo non c’è più. Ha visto semplicemente una tomba aperta, ma la sua immaginazione corre più avanti:
“Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava,
In questo versetto, come altrove nel Vangelo, volutamente l’evangelista lascia anonimo il nome del discepolo per invitare ognuno di noi ad essere il discepolo che Gesù ama.
“e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Si percepisce molto movimento, ed agitazione in questo racconto
“Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro”.
Iniziano a correre insieme per arrivare al sepolcro, ma il discepolo amato corre più veloce di Pietro e giunge per primo alla tomba.
“Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò”. Pietro è più lento, ma il discepolo lo aspetta. C’è in questa attesa una particolare delicatezza del discepolo amato. Egli vede le bende a terra, ma questi oggetti, visti dal di fuori, non gli dicono nulla. Attende l’arrivo di Pietro!
“Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Pietro arriva, entra, osserva i teli e il sudario ma non capisce: quei segni non hanno significato per lui. “Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.. Il suo sguardo non si sofferma su un oggetto, o sul luogo, è un vedere che coglie l’insieme, è un vedere la luce, vale a dire è lo sguardo della fede, ecco perché: vide e credette.
Vede qualcosa che va al di là, vede l’invisibile. Prima, sulla soglia il suo sguardo si era soffermato su degli oggetti, ma senza comprendere, ora, entrato nel sepolcro, cioè nella realtà della morte, ricordando le parole di Gesù, comprende le Scritture, quelle Scritture che Gesù tante volte aveva spiegato. “che cioè egli doveva risorgere dai morti”.
Maria è mossa dall’amore, arriva fino al sepolcro, ma non ha il coraggio di entrare. Occorre entrare nella morte, nel dolore, nei segni di morte che ci sbarrano la via.
Pietro ha un rapporto con Gesù più razionale, più materiale; ha il coraggio di entrare nel sepolcro, nella morte, ma questo non basta.
Il discepolo che Gesù amava, sa amare con lo stile di Gesù, entra, vede con gli occhi della fede e del cuore!
La fede dunque è sì fede nella vita, nella potenza della resurrezione, nell’amore fino all’estremo, ma soprattutto è fede nella Scrittura, in quella Parola del Signore che ci permette di vedere e interpretare la vita dentro i segni di morte, che troviamo sul nostro cammino.