Le letture liturgiche di questa sesta domenica di Pasqua ci aiutano a cogliere ancora una volta l’amore di Cristo e hanno come filo conduttore l’amore verso Dio e verso il prossimo
Nella prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli, Luca ci riporta l’episodio del battesimo del centurione romano che è il primo frutto della predicazione del vangelo ai pagani. Nel centurione è simboleggiato ogni uomo, senza distinzione di razza, popolo o nazione, chiamato all’amicizia con Dio e alla salvezza.
Nella seconda lettura, nella sua prima lettera, Giovanni, sottolinea l’infinito amore di Dio nei confronti dell’umanità, che ferita dal peccato, ha sperimentato la salvezza operata da Cristo. Una redenzione gratuita compiuta da Gesù nel segno del suo amore.
Nel Vangelo di Giovanni, nei discorsi dell’ultima cena Gesù parla con passione e con insistenza dell’amore, che è la grande rivelazione del Vangelo: amore del Padre celeste per il Figlio, del Figlio per il Padre nello Spirito Santo, di Cristo per noi e di noi per Cristo e i nostri fratelli.
Dagli Atti degli Apostoli
Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Alzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga».
Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.
At 10,25-26.34-35.44.48
Luca dopo aver riportato negli Atti il martirio di Stefano, la conversione dell’etiope da parte di Filippo e la “folgorazione” di Paolo sulla via di Damasco, in questo brano , ci presenta Pietro che si accinge ad “entrare nella casa di Cornelio” .
Nei primi versetti del capitolo 10, da dove è tratto questo brano, Luca ci descrive cosi questo personaggio “C’era in Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte Italica, uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio”.(At.10.1-2)
Cornelio dunque aveva accettato le credenze e i principi morali del giudaismo, senza però arrivare alla circoncisione con tutti gli obblighi legali che essa comportava. Il racconto prosegue descrivendo Cornelio che durante la preghiera delle tre riceve una visione di un angelo, che lo invita a chiamare Pietro, che si trovava a Giaffa.
Pietro, a sua volta, a Giaffa, riceve una visione che lo invita ad accettare l’invito di un pagano, Cornelio.
Questo brano descrive il momento in cui Pietro sta per entrare “nella casa di Cornelio che gli andò subito incontro si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Alzati: anche io sono un uomo!»”.
Pietro poi prende coscienza e dice: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”.
Pietro si rende conto cioè che attraverso la parola, che egli ha sentito in prima persona, è invitato a superare le esteriorità e i formalismi, anche quelli della legge ebraica che a lui era stata insegnata, e pervadeva tutta la sua cultura e il suo modo di agire.
“Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola”.
Pietro ora si rende conto che non può rifiutare il Battesimo a chi ha già ricevuto l’effusione dello Spirito Santo. E’ lo Spirito Santo il personaggio principale di questo racconto. E qui Luca vuole sottolineare soprattutto l’iniziativa di Dio per rompere il cerchio che imprigiona il Vangelo entro il mondo giudaico.
Nel corso degli eventi, raccontati negli Atti e nelle Lettere, si capisce come Pietro sia stato il primo ad accogliere i pagani, poi sarà Paolo ad istruirli, come avvocato dei pagani e apostolo delle genti.
Quando parliamo di amore, dobbiamo essere convinti anche noi oggi che Dio non fa discriminazioni o preferenze, ama tutti noi cristiani e non cristiani, e ci ama tutti nel modo a noi più appropriato, non ci ama in serie, conosce ognuno di noi fino in fondo, nulla di noi a Lui è nascosto.
A tutti Dio dà la possibilità di esistere e di salvarsi, a prescindere da quanto ciascuno fa o non fa nella propria vita.
Se qualcuno ritiene di essere più vicino a Dio, ciò non vuol dire che gli sia stato concesso un privilegio speciale, ma che è stato chiamato a svolgere un servizio speciale in favore degli altri. Se Dio facesse preferenza per qualcuno non sarebbe più Dio.
Salmo 97 - Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!
Il tempo della composizione di questo salmo è probabilmente quello del postesilio. Il motivo del suo invito ad un “canto nuovo” non è però ristretto al solo ritorno dall'esilio, ma nasce da tutti gli interventi di Dio per la liberazione di Israele dagli oppressori e dai nemici.
E' Dio stesso che, come prode guerriero, ha vinto i suoi nemici, che sono gli stessi nemici di Israele: “Gli ha dato vittoria la sua destra”.
Il “canto nuovo” celebra le “meraviglie” di Dio, tuttavia è aperto al futuro messianico, che abbraccerà tutti i popoli.
“La sua salvezza”, mostrata ai popoli per mezzo di Israele, ridonda già su di loro: “Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio”. Il Signore è colui che viene, che viene costantemente a giudicare la terra; e che verrà nel futuro per mezzo dell'azione del Messia, al quale darà il potere di giudicare nell'ultimo giorno la terra: “Giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine”.
Ogni episodio di liberazione il salmo lo vede come preparazione della diffusione a tutte le genti della salvezza del Signore. E' una salvezza universale che tocca anche il creato, che deve fremere di fronte agli eventi finali che lo sconvolgeranno: “Frema il mare...”; ma anche esultare, perché sarà sottratto dalla caducità introdotta da Adamo (Cf. Rm 8,19): “I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne”.
Noi, in Cristo, recitiamo il salmo nell'avvento messianico. La salvezza di Dio, quella che ci libera dal peccato - male supremo - è quella donataci per mezzo di Cristo. La giustizia che si è mostrata a noi è Cristo, che per noi è morto e ci ha resi giusti davanti al Padre per mezzo del lavacro del suo sangue. Dio, è il Dio che viene (Cf. Ap 1,7; 4,8) per mezzo dell'azione dello Spirito Santo, che presenta Cristo, nostra salvezza e giustizia.
Commento” di P. Paolo Berti
Dalla prima lettera di S.Giovanni apostolo
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
1Gv 4,7-10
L’evangelista Giovanni nella sua lettera, dopo aver affrontato temi come: l'essere figli di Dio che nasce dall'amore; Gesù come vittima di espiazione, in questo brano che ha ispirato Benedetto XVI per la sua prima splendida Enciclica “Deus Caritas est”, afferma che Dio è amore e tutto il piano di salvezza, da Lui ideato e realizzato, non ha altro fine che l'amore.
Si può dire che tutta la teologia dell’amore si sviluppa nei pochi versetti di questo brano che riesce a darci la comprensione più profonda del cristianesimo.
“Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio”. Come cristiani dobbiamo saperci amare gli uni gli altri, l'amore è veramente una cosa straordinaria perché viene da Dio, è una particolarità di coloro che provengono da Dio e Lo conoscono.
“Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”.
Non puoi conoscere Dio e non amare. Dio è l'amore fatto persona, una Sua qualità fondamentale,
“In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui”.
Il nostro Dio anche se vive nella Sua dimensione divina, si è voluto manifestare all'umanità, mandando Suo Figlio per attuare il piano della salvezza che si realizza attraverso l'incarnazione! L'amore di Dio Padre ha come meta il bene della nostra vita, una vita libera dalla morte e dalla sofferenza.
“In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”.
Il Padre, ci ha amati per primo e ha dato a noi la grazia cioè il dono di poter amare. Egli amandoci per primo, ha stabilito con noi un’alleanza eterna. L’incarnazione infatti è stata il suo legame eterno con l’umanità. Non ci ha amato per primo una sola volta, all’inizio, ma sempre, ogni giorno, ogni momento, ci ama per primo!
Noi possiamo attingere da questo Suo amore la forza per amare a nostra volta Dio, il nostro prossimo, e per ottenere il perdono ogni volta che abbiamo mancato di farlo.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Gv 15, 9-17
Anche questo brano, come quello di domenica scorsa, fa parte dei “discorsi di addio” che Giovanni pone nella cornice dell’ultima cena. Gesù continuando il Suo discorso dopo l’allegoria della vite e dei tralci, mette in luce come tutta la vita dei discepoli dipenda dal rapporto che hanno con Lui, il loro Maestro: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”
Il Padre ama teneramente il Figlio, tanto da formare con Lui un solo essere, e per questo gli ha dato in mano ogni cosa. Con lo stesso amore con cui è amato dal Padre, Gesù ama i discepoli. Perciò li esorta a rimanere nel Suo amore: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”.
Gesù ha dimostrato il Suo amore verso il Padre osservando i Suoi comandamenti. Anche discepoli potranno essere coinvolti in questo amore che unisce il Padre e il Figlio a patto però che osservino i Suoi “comandamenti”. Non si tratta tuttavia di osservare una serie di prescrizioni, ma di essere partecipi di quell’amore che Dio vuole diffondere nel mondo. Il Padre è la sorgente dell’amore, che si trasmette nel Figlio e dal Figlio nei discepoli, che a loro volta devono comunicarlo ai fratelli.
Dalla loro unione vitale con Gesù scaturisce per i discepoli l’esperienza della gioia: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Accogliendo la Sua rivelazione, i discepoli sono stati purificati dai peccati e resi partecipi della sua comunione di vita con il Padre, che è sorgente della pace e della gioia più piena. Gesù spiega poi che partecipando all’amore del Padre e del Figlio i discepoli imparano ad amarsi tra loro: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.
L’amore che unisce Gesù al Padre non è solo il modello, ma anche il fondamento dell’amore che unisce i discepoli tra di loro. Amore e obbedienza sono reciprocamente dipendenti perchè l’amore “comandato” da Gesù non è un sentimento generico, ma impegno concreto e radicale.
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. Gesù ha dimostrato l’amore più grande perché ha donato la propria vita per i Suoi amici e i discepoli devono fare altrettanto per i fratelli. Poi Gesù continua affermando: “Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.”
Il concetto di amicizia viene spesso utilizzato nell’AT per indicare il rapporto con Dio a proposito di Abramo ( Gen 18,17), di Mosè (Es 33,11) e di coloro che abitano con la Sapienza ( Sap 7,27-28).
Qui si evidenzia che l’osservanza del Suo comandamento è una conseguenza dell’amicizia che li lega a Lui. Gesù non può più chiamarli servi perché ha rivelato loro tutto quello che ha udito dal Padre. Solo agli amici vengono confidati i segreti di famiglia, mentre i servi ne sono tenuti all’oscuro.
Ora, Gesù ha svelato ai discepoli, in quanto Suoi amici, i segreti più intimi di Dio, rendendoli partecipi della vita divina.
Gesù approfondisce ulteriormente questo concetto partendo dal tema dell’elezione:
“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.
Il rapporto di amicizia che lega i discepoli al Maestro non dipende da una loro scelta spontanea, ma è frutto del dono gratuito e della libera iniziativa di Gesù, che li ha “scelti per sé” e li “ha costituiti” per associarli intimamente alla Sua vita e per farli prosecutori della Sua opera. Inoltre Gesù assicura che il Padre concederà loro quanto essi chiederanno nel Suo nome.
In quanto amici, i discepoli ricevono da Gesù la rivelazione dei segreti di Dio.
Gesù è il massimo rivelatore non solo perché ha manifestato la natura di Dio, ma perché ha dato un volto umano a Dio, nella Sua natura più profonda, che è l’amore.
Per Giovanni il vangelo consiste essenzialmente nella manifestazione dell’Amore di Dio per mezzo della persona di Gesù. In questa rivelazione, colta e ritrasmessa dai discepoli, sta la proposta cristiana di salvezza.
Come i primi discepoli anche noi oggi dobbiamo “andare” uscendo dal Cenacolo dell’ultima Cena, dal circolo, un po’ ristretto, delle nostre chiese, e delle nostre case, per incamminarci lungo le strade del mondo ad annunziare quella Parola e a comunicare quell’amore che Gesù ha acceso e rende sempre vivo nei nostri cuori.
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“In questo tempo pasquale la Parola di Dio continua a indicarci stili di vita coerenti per essere la comunità del Risorto. Tra questi, il Vangelo di oggi presenta la consegna di Gesù: «Rimanete nel mio amore» rimanere nell’amore di Gesù. Abitare nella corrente dell’amore di Dio, prendervi stabile dimora, è la condizione per far sì che il nostro amore non perda per strada il suo ardore e la sua audacia. Anche noi, come Gesù e in Lui, dobbiamo accogliere con gratitudine l’amore che viene dal Padre e rimanere in questo amore, cercando di non separarcene con l’egoismo e con il peccato. E’ un programma impegnativo ma non impossibile.
Anzitutto è importante prendere coscienza che l’amore di Cristo non è un sentimento superficiale, no, è un atteggiamento fondamentale del cuore, che si manifesta nel vivere come Lui vuole. Gesù infatti afferma: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore». L’amore si realizza nella vita di ogni giorno, negli atteggiamenti, nelle azioni; altrimenti è soltanto qualcosa di illusorio. Sono parole, parole, parole: quello non è l’amore. L’amore è concreto, ogni giorno. Gesù ci chiede di osservare i suoi comandamenti, che si riassumono in questo: «che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» .
Come fare perché questo amore che il Signore risorto ci dona possa essere condiviso dagli altri? Più volte Gesù ha indicato chi è l’altro da amare, non a parole ma con i fatti. È colui che incontro sulla mia strada e che, con il suo volto e la sua storia, mi interpella; è colui che, con la sua stessa presenza, mi spinge a uscire dai miei interessi e dalle mie sicurezze; è colui che attende la mia disponibilità ad ascoltare e a fare un pezzo di strada insieme. Disponibilità verso ogni fratello e sorella, chiunque sia e in qualunque situazione si trovi, incominciando da chi mi è vicino in famiglia, nella comunità, al lavoro, a scuola… In questo modo, se io rimango unito a Gesù, il suo amore può raggiungere l’altro e attirarlo a sé, alla sua amicizia.
E questo amore per gli altri non può essere riservato a momenti eccezionali, ma deve diventare la costante della nostra esistenza. Ecco perché siamo chiamati, per esempio, a custodire gli anziani come un tesoro prezioso e con amore, anche se creano problemi economici e disagi, ma dobbiamo custodirli. Ecco perché ai malati, anche se nell’ultimo stadio, dobbiamo dare tutta l’assistenza possibile. Ecco perché i nascituri vanno sempre accolti; ecco perché, in definitiva, la vita va sempre tutelata e amata dal concepimento al suo naturale tramonto. E questo è amore.
Noi siamo amati da Dio in Gesù Cristo, che ci chiede di amarci come Lui ci ama. Ma questo non possiamo farlo se non abbiamo in noi il suo stesso Cuore.
L’Eucaristia, alla quale siamo chiamati a partecipare ogni domenica, ha lo scopo di formare in noi il Cuore di Cristo, così che tutta la nostra vita sia guidata dai suoi atteggiamenti generosi. La Vergine Maria ci aiuti a rimanere nell’amore di Gesù e a crescere nell’amore verso tutti, specialmente i più deboli, per corrispondere pienamente alla nostra vocazione cristiana.”
Papa Francesco Parte dell’Angelus del 6 maggio 2018