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Henryk

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Sabato, 23 Gennaio 2016 20:17

III Domenica – 24 gennaio 2016

1. Chi e interessato al Pellegrinaggio a La Salette che si terrà in Giugno, deve dare la sua disponibilità per iscrizione, entro il 6 Febbraio in ufficio parrocchiale.

2. Sabato prossimo il vescovo del settore Roma ovest mons. Paolo Selvadagi celebrerà la Messa vespertina d'introduzione del nuovo parroco.

Giovedì, 21 Gennaio 2016 20:42

III Domenica – Anno C- 24 gennaio 2016

III Domenica – Anno C – Una comunità in ascolto - 24 gennaio 2016
Le letture liturgiche di questa domenica ci parlano dell’ascolto della Parola di Dio che si trasforma in preghiera. Si può dire che sono la rappresentazione di un rito comunitario che si rinnova nel tempo e di cui anche noi siamo chiamati ad essere interpreti: quello della santa Messa.
La prima lettura, tratta dal libro di Neemia, ci narra che dopo l’amara esperienza dell’esilio e la ricostruzione di Gerusalemme, davanti al popolo avviene la benedizione del Signore e una solenne liturgia della Parola: la lettura del libro della Legge, la spiegazione del senso e la comprensione del testo. Da questo triplice momento sbocciano tre atteggiamenti: le lacrime della conversione, segno del perdono divino, l’invito ad aprire le labbra al sorriso, a canti di gioia, a indire banchetti, poiché “questo giorno è consacrato al Signore…”, l’esortazione a mandare porzioni di cibo a quelli che nulla hanno di preparato.
Nella seconda lettura, Paolo, nella sua lettera ai Corinzi ci dice che la varietà dei doni dello Spirito nella Chiesa, corpo ministico di Cristo, è destinata a comporre una unità organica e a promuovere nei cristiani una amorosa solidarietà e unità
Il brano del Vangelo di Luca ci parla di una lettura della Parola di Dio fatta dallo stesso Gesù quando nella sinagoga di Nazareth legge il passo di Isaia, annuncio di salvezza e di liberazione E al termine Gesù annuncia che quella scrittura si stava realizzando davanti agli occhi dei presenti: tutta la speranza annunziata da Isaia in Gesù stava diventando realtà.

Dal libro di Neemìa
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
Ne 8,2-4a.5-6.8-10

Il Libro di Neemia è un testo contenuto sia nella bibbia cristiana che in quella ebraica, dove è contato come un testo unico con il libro di Esdra. E’ stato scritto in ebraico e si ipotizza che la sua redazione definitiva, ad opera di autori ignoti, è collocata in Giudea, tra la fine del IV e metà III secolo a.C.. E’composto da 13 capitoli descriventi l'attività riformatrice di Neemia a Gerusalemme, dopo il ritorno dall'esilio babilonese, in particolare la ricostruzione delle mura della città (circa 445-432 a.C.). Storicamente il libro di Neemia è l’ultimo colpo d'occhio che l'Antico Testamento ci permette di gettare sul popolo d'Israele. Gli avvenimenti che riferisce cominciano circa trent'anni dopo quelli che il libro di Ester riferisce e tredici anni dopo il ritorno di Esdra.
Questo brano che parla della promulgazione della legge fatta da Esdra, sacerdote e scriba, verso l’anno 444 a.C., ci permette di cogliere persino nei dettagli lo svolgersi di una liturgia della parola. Riunito il popolo si eleva una lode a Dio, quindi lo scriva dall’alto di una tribuna apre il libro in presenza del popolo, segno questo che la legge aveva contestato la loro vita e li aveva mossi a conversione.
Infine Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Devono averlo spiegato molto bene se poi tutto il popolo commosso, piangeva perchè la Parola di Dio così presentata era giunta nei loro cuori.
Neemia alla fine interviene per ridonare alla festività il suo vero scopo e congeda il popolo dicendo: «Andate, mangiate, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».

Salmo 18 Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Ti siano gradite le parole della mia bocca,
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.

Qui c’è la seconda parte del salmo 19(18) e si parla della Torah ….
Vediamo la comparazione della torah con i metalli preziosi (oro raffinato) e coi cibi deliziosi (il “favo stillante” di miele); l’homoecomomicus non potrà mai con i suoi immensi capitali contrattare la parola di Dio e la sapienza. Esse sono un dono offerto da Dio a chi ha il cuore puro e chi le possiede riesce a capire che ricchezze e prosperità sono solo una manciata di fango o di polvere; rispetto alla felicità, alla pace, che la comunione con Dio offre.
Commento tratto da “I Salmi” di Gianfranco Ravasi

Dalla prima lettera di S.Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?
Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
[Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra.] Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
1Cor 12,12-30
Continuando il tema dei carismi iniziato nella II domenica, Paolo arriva al punto centrale intorno al quale si imposta tutta l’argomentazione del brano: “come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo”
La causa che dà consistenza e attività al “tutto” è la forza vitale che tocca ciascun membro e tutti gli elementi del corpo. Infatti, coinvolge tutto e tutti, in quella che possiamo indicare la dinamica dell’amore come l’ha insegnata Gesù .
Tale forza vitale, è lo Spirito Santo: Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, in altre parole siamo stati immersi in una realtà che ci riempie e avvolge, in modo tale che, rispettando la diversità di ogni singola persona, tutte partecipano di questo elemento vitale e trovano in esso le condizioni per svilupparsi e crescere in comunione con altre diversità.
Ciò è dovuto al fatto che Dio, assumendo la condizione umana nella persona di Gesù, con il suo insegnamento e con il Suo sacrificio, ha rivelato, a chi confida in Lui, le condizioni affinché ciò si realizzi a favore di tutti. Infatti, lo Spirito, cui Paolo si riferisce, è anche, allo stesso tempo, lo Spirito di Cristo. È a questa realtà che il cristiano deve fare riferimento perché fa parte del patrimonio della propria fede in Gesù Cristo, in virtù della quale percepisce che sono abbattute tutte le barriere per formare uno stesso corpo: Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito
Si tratta di una considerazione stupefacente e nello stesso tempo rivoluzionaria di Paolo, se consideriamo i tempi di allora, che è costata all’apostolo non poche sofferenze anche nell’ambito dei credenti.
D’altro canto, la stessa considerazione crea anche oggi non pochi problemi, vista l’enorme difficoltà di andare oltre le differenze di razza, di cultura, di religione, di condizione sociale … e tutto ciò a causa della persistente cultura individualista che esalta la persona di successo, nella misura in cui si arriva ad affermare: «Non ho bisogno di te»;… «Non ho bisogno di voi». E’ cosi che si perde di vista questa importante indicazione: Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Non è la casualità né un capriccio che Dio abbia creato le diversità e le differenze, ma esse rispondono alla Sua volontà di portare la persona e l’umanità alla pienezza dell’esperienza dell’amore, come partecipazione della Sua stessa realtà.
Il sentimento di appartenenza all’umanità considerata come il vivere in un solo corpo è quanto mai importante, ma è necessario che ad esso si accompagna il senso di responsabilità, che si rivela nel farsi carico del processo di crescita generale e nell’uso dei mezzi adeguati per conseguirlo.
La Chiesa, unita e solidale a immagine del corpo fisico, forma realmente il corpo di Cristo, costituito dalla partecipazione al Suo corpo eucaristico e animato dalla vita dello Spirito.
E’ questa una delle grandi idee sul mistero della Chiesa che ha fatto di Paolo il grande apostolo.

Dal vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione.
Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Lc 1:1-4; 4:14-21

L’evangelista Luca, per la stesura del suo vangelo ci dice sin dall’inizio di avere fatto le cose seriamente, interpellando testimoni diretti di quei fatti, e quanto raccolto di averlo riportato in modo ordinato. Chiarisce anche la motivazione della sua opera: far si che ogni amante di Dio, si renda personalmente conto della solidità della catechesi ricevuta. Si rivolge ad un “illustre Teofilo". Certamente questo Teofilo non è una sola persona particolare e il nome (Teo-filo significa amico di Dio) già rivela la dimensione simbolica che raggruppa tutti coloro che si sentono "amici di Dio".
Nel brano introduttivo Luca, racconta del ritorno di Gesù in Galilea, dove «insegnava nelle sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi». Sullo sfondo di questa attività si situa la visita a Nazareth. L’evangelista osserva da una parte che Nazareth era il luogo in cui Gesù era cresciuto, e dall’altra che era sua consuetudine recarsi nella sinagoga: egli vuole così sottolineare che Gesù era un giudeo che praticava normalmente la sua religione. Il racconto prosegue: «Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Gesù legge il brano in piedi poi: Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
Dietro invito del capo sinagoga, ogni adulto maschio poteva prendere la parola dopo aver letto il brano della Scrittura. Il gesto di sedersi, dopo aver consegnato il rotolo all’inserviente, manifesta l’intenzione di parlare; si crea così una suspense, provocata dall’attesa di quanto avrebbe detto. E Gesù pronuncia queste parole: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». La presenza stessa di Gesù rappresenta dunque l’evento che porta a compimento le promesse di Dio contenute non solo nel brano citato, ma in tutte le Scritture. Dio instaura il Suo regno rivolgendosi prima di tutto alle categorie più emarginate e oppresse attuando la loro piena liberazione. Con la sua parola Gesù non annunzia soltanto, ma attua la salvezza divina, contenuta nelle scritture profetiche. È la parola stessa di Gesù che diventa evento salvifico, vivo, attuale.

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Nel nostro tempo dispersivo e distratto questo Vangelo ci invita ad interrogarci sulla nostra “capacità di ascolto”. Prima di poter parlare “di Dio e con Dio”, bisogna infatti “ascoltarlo”, e la liturgia della Chiesa “è la scuola di questo ascolto del Signore che ci parla”.
Soprattutto, il brano evangelico odierno “ci dice che ogni momento può diventare un «oggi» propizio per la nostra conversione”. È questo il “senso cristiano” del «carpe diem»: che “ogni giorno può diventare l’oggi salvifico, perché la salvezza è storia che continua per la Chiesa e per ciascun discepolo di Cristo”
stralcio del discorso di Benedetto XVI all’Angelus del 27 gennaio 2013

Giovedì, 21 Gennaio 2016 20:38

LAICI SALETTINI


In risposta al’invito della Vergine Maria de La Salette di “fare conoscere” il suo Messaggio e sull’esempio di quanto avviene da molto tempo nelle altre nazioni, anche in Italia si sono formati gruppi di laici impegnati a vivere, testimoniare e diffondere la spiritualità salettina.
Nella nostra Parrocchia il gruppo si è formato nel 2009.
“I movimenti laicali sono la primavera della Chiesa” ha detto S. Giovanni Paolo II e i laici salettini si caratterizzano per essere un movimento apostolico missionario impegnato a vivere il carisma della riconciliazione ed a supportare le attività dei padri Missionari Salettini.
Fondamentale è la fraternità, l’amicizia, la condivisione e lo spirito di preghiera che si instaurano fra i componenti del gruppo.
Maria dice ai bambini: “andate” e non vada ciascuno per conto proprio ma insieme e non da soli. Anche Gesù manda gli Apostoli due a due perché facciano “comunità”, perché siano una “Chiesa” e condividano la gioia di essere cristiani e, come dice Papa Francesco, per sostenersi reciprocamente, e vivere in modo tangibile la carità fraterna. Tutto ciò è fondamentale per realizzare il Regno di Dio che non può essere solo azione di un singolo ma di tutta una “comunità ecclesiale”.
Anche a noi laici salettini la Vergine chiede di “andare”, vivere ed operare nello spirito dell’annuncio e della riconciliazione: questo non implica gravare la vita di ulteriori pesi, bensì di rimanere nell’ordinario e nel quotidiano con uno spirito nuovo.
IMPEGNI:
- Santa Messa ogni 19 del mese (giorno dell’apparizione della Vergine a La Salette)
- Recita giornaliera di “un Pater ed un’Ave” e della preghiera “Ricordati Nostra Signora de la Salette”.
- Un incontro mensile.

Ginetta Orsini

Le letture liturgiche di questa domenica hanno come filo conduttore una festa di nozze e ci guidano con semplicità e chiarezza verso il centro del messaggio cristiano: la nostra vita spirituale si nutre dell’amore di Dio per noi e del nostro amore per il prossimo che raffigura l’amore per Dio.

Nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, Dio è presentato come uno sposo “come un giovane sposa una vergine, … come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te” e Israele è paragonato ad una sposa, alla quale Dio non rinnega mai il Suo amore, nonostante le sue infedeltà.

Nella seconda lettura, San Paolo nella sua lettera ai Corinzi afferma che la Chiesa generata dallo Spirito Santo è una umanità unificata, nella quale ciascuno ha un compito e un carisma in vista del bene comune

Nel Vangelo, Giovanni racconta come Gesù si sia rivelato fin dagli inizi ai suoi discepoli attraverso un segno tutto particolare: l’acqua mutata in vino in un banchetto di nozze. La festa di Cana, alla quale Gesù partecipa con Sua Madre e con i Suoi discepoli, manifesta molteplici aspetti della Sua presenza tra noi. C’è una chiara allusione al banchetto finale al quale Dio chiama, attraverso di Lui, tutti i popoli della terra. L’immagine delle nozze è frequente nell’Antico Testamento per indicare l’amore di Dio verso la comunità che Egli ha scelto.

Il miracolo (o segno) di Gesù a Cana di Galilea ci esorta a ricordare che Lui è il centro di ogni festa, il centro della nostra vita, Colui che proprio con tali segni vuole mostrarci la strada per realizzare ed attualizzare la nostra salvezza.

 
Aurelia Stagnaro

Parrocchia N.S.de La Salette
www.lasaletteroma.it

 

Dal libro del profeta Isaìa
Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
Is 62,1-5

Questo brano, appartiene al "Terzo Isaia" (TritoIsaia capitoli 56-66), il profeta della situazione successiva al ritorno dall'esilio che si rivolge non più agli esiliati, ma ai giudei ritornati da Babilonia in Gerusalemme; il suo centro di interesse non è più il nuovo esodo, bensì il ristabilimento delle istituzioni teocratiche, le quali sono minacciate non da agenti esterni, ma dalla infedeltà del popolo.
Il brano inizia con un’esternazione del profeta, il quale attende con impazienza che Gerusalemme, oggetto del suo più grande amore, ritorni al suo primitivo splendore: “Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada”.
Il profeta è preoccupato per Gerusalemme e anticipa con il desiderio il momento in cui essa sarà restaurata. Egli la sogna come una città in cui la “giustizia” sorge come aurora e la salvezza risplende come una fiaccola.
Prosegue descrivendo poi il futuro di Gerusalemme a cui sarà affidato una missione universale: “Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà”.
Ricevendo in sé la salvezza che consiste nella giustizia, questa diventerà visibile a tutte le nazioni, che ne trarranno luce e orientamento di vita.. La città manifesterà dunque la sua grandezza nella giustizia, e non nella potenza delle armi, nel benessere materiale o nella magnificenza dei suoi edifici.
In forza della giustizia Gerusalemme acquisterà un nuovo rapporto con DIO “Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio.”
La gloria della nuova Gerusalemme viene poi ulteriormente spiegata mediante un cambiamento di nome: nessuno la chiamerà più Abbandonata, e la sua terra non sarà più detta Devastata , ma sarà chiamata Mia Gioia e la sua terra “Sposata”, perché DIO troverà in essa la sua delizia e la sua terra avrà uno sposo.
Il cambiamento di nome che indica una svolta nella vita di una persona, era stato già adottato da Osea per indicare prima la rottura e poi la riconciliazione di Israele con DIO (V: Os 1-2). Per terminare il profeta riprende quest’ultimo concetto: come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te. “.. La ricostituzione del rapporto privilegiato di DIO con Israele (Os 2,21-25) è dunque all’origine del nuovo splendore della città santa.
La gloria della Gerusalemme futura viene identificata con la piena assunzione di un rapporto interno improntato alla giustizia, una virtù che evoca rapporti leali e sinceri. La cosa più importante per il progresso di una nazione consiste appunto in un rapporto sincero con Dio, basato sul compimento della Sua volontà, e in un rapporto sociale in cui i diritti di tutti, specialmente degli ultimi, siano rispettati.

Salmo 95 - Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Il salmo è un invito all'assemblea dei popoli a riconoscere la grandezza di Dio. L'universalismo del salmo ha come base l'unicità di Dio, e la consapevolezza che tutti i popoli della terra hanno un'origine comune, e che, allontanatisi da Dio, ne hanno in qualche misura un ricordo nelle loro concezioni religiose, infettate di politeismo e di idolatria. Ora Dio chiama a raccolta tutte le famiglie dei popoli a ritornare a lui (Cf. Ps 21,28), che ha formato un popolo quale suo testimone, radunato attorno al tempio di Gerusalemme. ….
L'annuncio di Israele ai popoli deve affermare la regalità di Dio su di loro: “Dite tra le genti: ”.
Egli è colui che con la sua provvidenza regge il mondo, e agisce con giustizia sui popoli: “È stabile il mondo, non potrà vacillare! Egli giudica i popoli con rettitudine”.
Il Signore “viene a giudicare la terra”; questo avverrà con la venuta di Cristo, re di giustizia e di pace il quale affermerà la giustizia (Cf. Ps 93). “Viene”, dice il salmista. Ora è venuto il Cristo, il Figlio di Dio incarnatosi nel grembo verginale di Maria. Egli viene continuamente con la sua grazia (Ap 1,8); poi, alla fine del mondo, verrà per il giudizio finale: “Giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli”. “Nella sua fedeltà”, cioè per dare la risurrezione gloriosa a coloro che lo hanno accolto.
Difficile poter dire la data di composizione del salmo; probabilmente è stato scritto in un tempo di grande compattezza di Israele, poco dopo la costruzione del tempio di Salomone, prima che avvenisse lo scisma delle tribù del nord (1Re 11,26s).

Commento tratto da “Cantico dei Cantici” di P.Paolo Berti

Dalla lettera di S.Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue.
Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
1 Cor 12,4-11

La Prima lettera ai Corinzi, che Paolo scrisse da Efeso nel 56 o 57, è considerata una delle più importanti dal punto di vista dottrinale; vi si trovano informazioni e decisioni su numerosi problemi cruciali del Cristianesimo primitivo, sia per la sua "vita interna": purezza dei costumi (5,1-13:6,12-20), matrimonio e verginità (7,1-40) , svolgimento delle assemblee religiose e celebrazione dell‘eucaristia (11.12) , uso dei carismi (12,1-14) ; sia per i rapporti con il mondo pagano; ricorso ai tribunali (6,1-11), carni offerte agli idoli (8-10) .
Paolo aveva riscontrato che nel mondo greco, oltre ad esserci qualche elemento di rimpianto per le pratiche pagane, c'era anche in alcuni il tentativo di attribuirsi maggiore capacità rispetto agli altri per il possesso di alcune doti straordinarie. Così regnava una notevole confusione a causa dei molti "carismi" che i cristiani manifestavano nella loro vita privata e nella comunità. Anzi, a causa di questi doni, spesso, sorgevano invidie, gelosie, discussioni, confronti. Così, Paolo sviluppa una sua riflessione sui carismi affermando che:
- i carismi sono dati per il bene della comunità: perciò non devono dare occasione a
rivalità (c 12).
- La carità (l’amore) li supera tutti (c 13).
- La loro gerarchia si stabilisce in base al contributo che portano all'edificazione della
comunità (c 14).
Così Paolo, in questo brano vuole chiarire, il valore dei carismi di cui è dotata questa comunità, affermando che l'origine, da cui parte tutto, è lo Spirito Santo e la finalità è "l'utilità comune“. Tutti hanno qualche cosa di nuovo e di bello da portare infatti ribadisce:
“A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune“
Fondamentale è la professione di fede nelle tre persone divine: uno solo è lo Spirito … uno solo è il Signore, uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Gv 2,1-12

Il racconto delle nozze di Cana, che è riportato solamente nel Vangelo di Giovanni, chiude il ciclo delle manifestazioni di Gesù: a Betlemme, nel mistero della carne, si rivela ai Magi; nelle acque del Giordano è proclamato Figlio, l’amato del Padre; a Cana, con il primo segno (o miracolo) Gesù comincia a rivelarsi ai suoi discepoli e al mondo come vero Dio.
Il racconto offre una infinità di particolari su cui riflettere. Sin dai primi versetti leggiamo: vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».

Colpisce subito l’attenzione che Maria ha per le cose semplici e molto umane di questi sposi, forse neanche loro si erano accorti di quanto stava succedendo. Ma dopo l’attenzione amorevole di Maria, lascia un po’ perplessi la risposta asciutta che le dà Gesù: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Qui Maria senza minimamente preoccuparsi, della risposta apparentemente negativa del Figlio, si rivolge ai servi dicendo: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Anche se con quella risposta Gesù sembrava non aver dato importanza all’invito della Madre, adducendo come ragione il fatto che ancora non era giunta la sua ora, si rende ben conto di tutto.
L’evangelista riporta le parole, ma possiamo anche pensare che il dialogo tra Gesù e la Madre non è terminato; anzi le sue più importanti parole non furono mai pronunziate con le labbra, ma solo trasmesse da sguardo a sguardo. Maria, nel dialogo muto ,seguito al dialogo parlato, è sicura che il figlio acconsente alla sua richiesta, ecco perchè senza perdere tempo si volge agli inservienti e dice loro: “Fate tutto ciò che vi dirà”. Si può dire che questa sia stata la prima mediazione di Maria, a quello sguardo il Figlio non poteva dire di no, lei è la mediatrice perfetta di ogni grazia, è il ponte di congiungimento tra la terra e il cielo. Gesù dalla croce affidandoci a lei come figli, sapeva che ci avrebbe donato la madre più amorevole, pronta ad intervenire per accordarci ogni grazia sia materiale che spirituale.

Sabato, 16 Gennaio 2016 16:18

17 Gennaio

17 Gennaio 2016

1. Oggi celebriamo la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato con il tema Migranti e Rifugiati ci interpellano. La Risposta del Vangelo della Misericordia. Le offerte raccolte oggi saranno devolute a favore delle comunità cattoliche di immigrati. Grazie per la vostra generosità.
2. Fra un mese (15 Febbraio) cominceremo la visita pastorale nelle famiglie della parrocchia. Padre Bruno padre Pietro e padre Enrico sono disposti a incontrarvi nelle vostre case. Per noi e per voi questa visita sarà una opportunità di accoglienza, per un momento di preghiera, e di poter parlare insieme.
3. Durante la Quaresima speriamo di poter visitare tutte le famiglie e persone che scelgono un appuntamento nei giorni fra lunedì – venerdì, dalle ore 16,30 – 19.00
4. Cominceremo il 15 Febbraio e finiremo il 18 Marzo (5 settimane)
5. La prenotazione si può fare sia personalmente in ufficio parrocchiale, sia visitando il nostro sito parrocchiale.

6. Per organizzare meglio la visita cominciamo dalle vie;
.Vie della prima settimana:
Bravetta; Vitellia; Bel Respiro; Gasparri; Casaletto; Galluzzi; Busi; Colloredo; Stanchi

Vie della seconda settimana:
Albertoni; Calabrese; Campora; Corsi ; Zambarelli; Ceresi; Foà; Paolucci

3 settimana Catel; Codivilla; Putti; Ozanam; Fabiola; Sanarelli; Zonda

4 settimana Piazza madonna de La Salette; Ghislieri; Piazza San Giovanni di Dio; Falcoinieri; Balestra;

5 settimana Seri; Revoltella; Vidaschi; Cartoni; Amici; Roccatagliata; Gianicolense

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Pro Memoria

L'umanità è una grande e  immensa famiglia ... Troviamo la dimostrazione di ciò da quello che ci sentiamo nei nostri cuori a Natale.
(Papa Giovanni XXIII)

Parrocchia Nostra Signora de La Salette
Piazza Madonna de La Salette 1 - 00152 ROMA
tel. e fax 06-58.20.94.23
e-mail: email
Settore Ovest - Prefettura XXX - Quartiere Gianicolense - 12º Municipio
Titolo presbiterale: Card. Polycarp PENGO
Affidata a: Missionari di Nostra Signora di «La Salette» (M.S.)
 

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