Le letture di questa domenica presentano scene di teofania: il Signore viene incontro all’uomo specialmente nei momenti di necessità quando questi lo invoca con fede.
Nella prima lettura, tratta dal primo libro dei Re, c’è il racconto di Elia che perseguitato a morte da Gezabele, fugge fino al monte Oreb, dove ha un incontro con il Signore, che lo incoraggia a riprendere la sua missione.
Nella seconda lettura, tratta dalla lettera ai Romani, Paolo, di fronte al rifiuto di Israele a riconoscere in Gesù il Messia, manifesta il suo profondo dolore fino ad accettare di essere separato da Cristo a vantaggio dei propri fratelli.
Il Vangelo di Matteo, ci presenta Gesù che cammina sulle acque. L’apostolo Pietro che aveva chiesto a Gesù di poterlo raggiungere, si fa vincere dalla paura di affogare e grida aiuto. Poi c’è quel gesto di Gesù che lo afferra per mano, e quel suo dolce rimprovero, che raggiunge anche noi: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Il brano lo possiamo vedere anche come un incontro di Gesù con la Sua Chiesa in difficoltà e anche con “poca fede”, rappresentata dal suo portavoce Pietro. La mano del Cristo glorioso, “Signore” dell’universo e della storia, dà sicurezza e infonde speranza e gioia alla Chiesa in crisi e in ricerca, sospesa sul caos del male o sul mare del dubbio. Quella mano stesa verso Pietro non è solo la sua salvezza, ma anche la nostra.
Dal primo libro dei Re
In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò.
Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
1Re19,9.11-13
Elia,vissuto nel IX secolo a.C., fu un grande profeta che svolse la sua missione sotto Acab, re d'Israele, che regnò nella nuova capitale Samaria dall'875 all'854 a.C.. Elia risuscitò il figlio della vedova di Sarepta che lo ospitava durante una carestia; ultimo fedele al Dio di Abramo, sfidò e vinse i profeti del dio Baal sul monte Carmelo e dimostrò la potenza di Dio accendendo, con la preghiera, una pira di legna verde e bagnata, suscitando le ire della regina Gezabele, moglie di Acab, che voleva la sua morte. Elia impaurito fugge al sud, desideroso di lasciarsi morire. Ma un angelo del Signore interviene e lo invita a mangiare un cibo che appare in modo misterioso.
Il brano che abbiamo ci racconta che dopo essersi rifocillato, Elia viene esortato ad iniziare un cammino molto lungo e difficile, per arrivare ad una certa meta. Dopo 40 giorni e 40 notti Elia giunge all’Oreb-Sinai (cioè alla sorgente della fede e della storia di Israele) per rivivere così personalmente il cammino dell'esodo, come lo ricorda il numero quaranta.
Nella solitudine della montagna Elia cerca Dio nel vento impetuoso che squassa i monti, nel fuoco e nel terremoto, cioè secondo schemi personali e tradizionali. Infatti incendi, tempeste, terremoti ed eruzioni vulcaniche, erano la cornice popolare entro cui si verificavano le apparizioni divine. Isaia infatti afferma: Il Signore farà udire la sua voce maestosa e mostrerà come colpisce il suo braccio con ira ardente,in mezzo a un fuoco divorante,tra nembi, tempesta e grandine furiosa (Is 30,30) ed anche il salmo 29, il più antico. dice: Il Signore tuona sulle acque,il Dio della gloria scatena il tuono,il Signore, sull’immensità delle acque. Il Signore tuona con forza, tuona il Signore con potenza.
Ma questo Dio, sognato a propria immagine non si presenta all’appuntamento così con l’uomo. Dio infatti sceglie di presentarsi ad Elia nella tranquillità e nella pace, nel “sussurro di una brezza leggera *” E il profeta, velandosi il volto, “perché nessun uomo può vedere Dio e restare vivo” (Es 33,20) conosce che il Signore è semplicità, paziente e dolce presenza, spirito e vita.
* in ebraico qol demamah daqqah = Qol : vuol dire "voce, suono"; demamah : “silenzio” ;
daqqah “sottile” = Voce di silenzio sottile. Questo fa capire che Dio è una voce che ha il suo vertice, non nel clamore, bensì nel silenzio, nel mistero, nella trascendenza.
Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio,
il Signore: egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.
Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.
Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino
Il salmista ricorda come Dio ha ricondotto "hai ristabilito la sorte di Giacobbe" da Babilonia. I peccati commessi Dio li ha perdonati, mettendo fine alla sua grande ira.
Questa memoria del perdono di Dio alimenta nel salmista la fiducia che Dio perdonerà le mancanze del popolo, che, ritornato nella Giudea, dimostra tiepidezza nei confronti di Dio e per questo incontra sofferenze (Cf. Ag 1,7).
Il salmista, fortificato dal ricordo della misericordia di Dio, innalza quindi la sua supplica: ”Ritorna a noi, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi".
Il salmista passa a considerare le profezie, ad ascoltare “cosa dice Dio”, e conclude che Dio presenta un futuro di pace “per chi ritorna a lui con fiducia”. Egli guarda ai tempi messianici, e può dire che “la sua gloria abiti la nostra terra” (Is 60,1s); e che “amore e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno”. “Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo”, quando verrà il Messia. La sua presenza farà si che “la nostra terra darà il suo frutto”, cioè il frutto di santità per il quale Israele è stato creato. Davanti al “bene” che Dio elargirà, cioè il Messia, “giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino”.
Commento di P.Paolo Berti
Dalla lettera di S.Paolo Apostolo ai Romani
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.
Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
Rm 9,1-5
L’apostolo Paolo nella terza parte della lettera ai Romani (cc. 9-11), affronta la grande obiezione che poteva essere sollevata, contro la dottrina della giustificazione mediante la fede: come mai la salvezza portata da Gesù Cristo, non è stata accettata proprio dal popolo al quale per primo era stata promessa?
Paolo anzitutto dimostra che il modo in cui si è attuata la salvezza non mette in questione la fedeltà di Dio; poi sottolinea come sia stato proprio Israele a escludersi dalla salvezza per la sua infedeltà; infine egli mostra che di fatto, malgrado le apparenze, la salvezza non si attua senza la partecipazione del popolo di Israele.
In questo brano Paolo afferma: dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.” Ciò che Paolo intende affermare con tanta forza è la grande sofferenza che prova dal più profondo del cuore. Si comprende che questo dolore deriva dal fatto che i suoi connazionali giudei sono in gran parte separati da Cristo.
Infatti egli vorrebbe essere persino anàtema,(scomunicato) separato da Cristo se ciò portasse qualche vantaggio a coloro che egli considera ancora come “fratelli” e suoi consanguinei “secondo la carne”.
Qui si potrebbe anche cogliere in Paolo il mistero stesso di Gesù, il suo inabissarsi nella povertà della condizione umana fino alla morte in croce.
Il distacco dei giudei da Cristo è tanto più doloroso per Paolo in quanto essi sono stati dotati di numerosi privilegi: essi hanno l’onore di chiamarsi e di essere “israeliti e hanno l’adozione a figli,” hanno sperimentato la presenza “la gloria” di Dio in mezzo a loro, “le alleanze”, spesso ripetute nel corso della storia sacra, “la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi.
Soprattutto da essi proviene Cristo “secondo la carne”, cioè in base alla sua origine naturale (1,3). C’è poi al termine del brano l’affermazione massima di Paolo nei confronti di Gesù: “egli è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.” E’ rara l’attribuzione a Gesù del nome diretto di “Dio”, e qui Paolo lo dichiara.
Noi cristiani parliamo a volte genericamente di Dio, ma se siamo veramente cristiani dovremmo sempre affermare che per noi “Gesù è Dio”. Dovremmo avere il coraggio e l’ardire di gridare il Suo nome – di uscire allo scoperto manifestando la nostra fede in Gesù, “Dio benedetto nei secoli”.
Dal vangelo secondo Matteo
Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Mt 14, 22-33
Questo brano del Vangelo di Matteo viene subito dopo l’evento della moltiplicazione dei pani e dei pesci. I discepoli e anche il popolo, sono sazi e soddisfatti, ma la loro soddisfazione umana non dura molto, Gesù li manda quasi via dall’altro lato del lago. Devono prendere la barca e andare lì da soli, mentre lui si ritira a pregare. A questo punto il racconto si sposta sui discepoli. Loro sono con la loro barca nel bel mezzo del lago di Gennesaret, sono lontani dalla riva e combattono contro le onde. Come pescatori conoscono benissimo il lago con tutte le sue correnti e sono ben abituati a navigare; le onde però hanno ora il sopravvento sulla barca, la situazione diventa difficile e Gesù non è con loro. Sul finire della notte capita l’imprevisto, Gesù va verso di loro camminando sulle acque, ma i discepoli non lo riconoscono e si spaventano da morire, e pensano prima a un fantasma e non al loro Signore. E come una volta l’angelo sul campo diceva ai pastori: “Non temete!” così parla adesso Gesù al gruppo dei dodici: “Coraggio, sono io; non abbiate paura!”
Ora l’attenzione si sposta su Pietro che chiede a Gesù di poterlo raggiungere sulle acque e all’invito di Gesù, Pietro è fuori dalla barca, che gli dava almeno un po’ di sicurezza (se lo vediamo con occhi umani) e si trova nel bel mezzo di un mare di paura. La barca è lontana, si sente solo, non trova più niente dove aggrapparsi, vede le onde che lo sommergono e inizia ad annegare. Con la paura di morire, chiede aiuto al suo Signore, che non fa sparire né le onde, né la tempesta, ma si rende subito presente, afferra la mano di Pietro e la tiene ben stretta. “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” Questa volta Pietro non risponde, si tiene solo stretto alla mano di Gesù.
“Uomo di poca fede!” … Gesù non dice altro, ma va semplicemente insieme a Pietro nella barca vicino agli altri. Tutto si calma, il vento tace.
Il racconto termina con la reazione di coloro che erano sulla barca che si prostrarono dicendo: “Tu sei veramente il Figlio di Dio”.
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Quante volte nel mare della nostra la vita un vento impetuoso ci poteva fare affogare. Non scorgevamo intorno a noi nessuno che ci potesse aiutare per non finire nel buio, in un gorgo risucchiante. Come ultima speranza, la nostra fede, più piccola di un granello di senape, ci ha permesso di gridare: “Signore Gesù salvami!” Ed è proprio là che il Signore Gesù ci ha raggiunto, al centro di quella nostra debole fede. Ci ha raggiunto: non ha puntato il dito per accusarci, ma ci ha teso la mano per afferrare la nostra, e tramutare la nostra paura in abbraccio.
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Origene, (II-III sec) riguardo a questo brano ha lasciato questo commento:
“Se un giorno ci troveremo alle prese con inevitabili e implacabili tentazioni, ricordiamoci che Gesù ci ha obbligati ad imbarcarci
e vuole che da soli lo precediamo sulla riva opposta.
Quando, in mezzo alle tempeste delle sofferenze, avremo passato tre quarti dell’oscura notte che regna nei momenti della tentazione, lottando il meglio possibile e sorvegliando per evitare il naufragio della fede, siamo sicuri che, al sopragggiungere dell’ultimo quarto di notte, quando la tenebra sarà ormai avanzata e il giorno vicino, accanto a noi arriverà il Figlio di Dio, per renderci il mare benigno, camminando sui flutti.
E anche noi cammineremo con lui sulle onde della tentazione, del dolore e del male”
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Il Vangelo di oggi ci presenta l’episodio di Gesù che cammina sulle acque del lago. Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, Egli invita i discepoli a salire sulla barca e a precederlo all’altra riva, mentre Lui congeda la folla, e poi si ritira tutto solo a pregare sul monte fino a tarda notte.
E intanto sul lago si leva una forte tempesta, e proprio in mezzo alla tempesta Gesù raggiunge la barca dei discepoli, camminando sulle acque del lago. Quando lo vedono, i discepoli si spaventano, pensano a un fantasma, ma Lui li tranquillizza: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro, col suo tipico slancio, gli chiede quasi una prova: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque»; e Gesù gli dice «Vieni!». Pietro scende dalla barca e si mette a camminare sulle acque; ma il vento forte lo investe e lui comincia ad affondare. Allora grida: «Signore, salvami!», e Gesù gli tende la mano e lo solleva.
Questo racconto è una bella icona della fede dell’apostolo Pietro. Nella voce di Gesù che gli dice: «Vieni!», lui riconosce l’eco del primo incontro sulla riva di quello stesso lago, e subito, ancora una volta, lascia la barca e va verso il Maestro. E cammina sulle acque! La risposta fiduciosa e pronta alla chiamata del Signore fa compiere sempre cose straordinarie. Ma Gesù stesso ci ha detto che noi siamo capaci di fare miracoli con la nostra fede, la fede in Lui, la fede nella sua parola, la fede nella sua voce. Invece Pietro comincia ad affondare nel momento in cui distoglie lo sguardo da Gesù e si lascia travolgere dalle avversità che lo circondano. Ma il Signore è sempre lì, e quando Pietro lo invoca, Gesù lo salva dal pericolo. Nel personaggio di Pietro, con i suoi slanci e le sue debolezze, viene descritta la nostra fede: sempre fragile e povera, inquieta e tuttavia vittoriosa, la fede del cristiano cammina incontro al Signore risorto, in mezzo alle tempeste e ai pericoli del mondo.
È molto importante anche la scena finale. «Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a Lui, dicendo: “Davvero tu sei Figlio di Dio”!» . Sulla barca ci sono tutti i discepoli, accomunati dall’esperienza della debolezza, del dubbio, della paura, della «poca fede». Ma quando su quella barca risale Gesù, il clima subito cambia: tutti si sentono uniti nella fede in Lui. Tutti piccoli e impauriti, diventano grandi nel momento in cui si buttano in ginocchio e riconoscono nel loro maestro il Figlio di Dio. Quante volte anche a noi accade lo stesso!
Senza Gesù, lontani da Gesù, ci sentiamo impauriti e inadeguati al punto tale da pensare di non potercela fare. Manca la fede! Ma Gesù è sempre con noi, nascosto forse, ma presente e pronto a sostenerci.
Questa è una immagine efficace della Chiesa: una barca che deve affrontare le tempeste e talvolta sembra sul punto di essere travolta. Quello che la salva non sono le qualità e il coraggio dei suoi uomini, ma la fede, che permette di camminare anche nel buio, in mezzo alle difficoltà. La fede ci dà la sicurezza della presenza di Gesù sempre accanto, della sua mano che ci afferra per sottrarci al pericolo. Tutti noi siamo su questa barca, e qui ci sentiamo al sicuro nonostante i nostri limiti e le nostre debolezze
Siamo al sicuro soprattutto quando sappiamo metterci in ginocchio e adorare Gesù, l’unico Signore della nostra vita.
A questo ci richiama sempre la nostra Madre, la Madonna. A lei ci rivolgiamo fiduciosi..
Papa Francesco
Parte dell’Angelus del 10 agosto 2014