La festa della Pentecoste rievoca la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e la loro investitura missionaria, avvenuta cinquanta giorni dopo la Pasqua di resurrezione.
Nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, viene sottolineato che lo Spirito scendendo sugli apostoli dà loro il potere di esprimersi in tutte le lingue. Da quel momento la Chiesa proclama un unico linguaggio, quello di Cristo e dell’amore. La diversità delle culture, delle razze e dei doni personali non è sorgente di incomprensione e di ostilità, ma diventa una “sinfonia” di voci che secondo i timbri e totalità differenti annunziano la stessa gioia e la stessa speranza.
Nella seconda lettura, tratta dalla 1^ lettera ai Corinzi, Paolo affronta il tema dell'unità nella diversità paragonando la comunità al corpo umano. E’ lo Spirito Santo l’anima del corpo che è la Chiesa. E’ lo Spirito il criterio di verifica dell’autenticità della fede.
Nel Vangelo, Giovanni presenta la prima Pentecoste ambientata nella stessa sera del giorno di Pasqua. Nel cenacolo, il Cristo risorto compie innanzitutto un atto simbolico “soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo….” Lo Spirito di Dio è soffio della vita, la sorgente della creazione, il principio di una nuova esistenza interiore. Nella Pentecoste narrata da Giovanni Cristo appare come il creatore dell’uomo nuovo, libero dal peccato e dal male. Infatti le parole che accompagnano il gesto simbolico del soffio sono emblematiche: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
Dagli Atti degli Apostoli
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
At 2,1-11
Luca inizia il suo racconto indicando il momento e il luogo in cui si è verificato l’evento: “Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.” In realtà stava per compiersi non tanto il giorno di Pentecoste, che era solo iniziato, ma il conto delle sette settimane, a partire dalla Pasqua, al termine delle quali ha luogo la Pentecoste . 1*
Anche se non viene precisato chi fosse presente all’avvenimento, si può supporre che insieme ai discepoli fosse presente Maria insieme ad altre donne. Luca dicendo “si trovavano tutti insieme” vuole sottolineare non solo la presenza fisica nello stesso luogo ma anche l’unione che regnava tra coloro che costituivano il primo nucleo della Chiesa.
“Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano”.
I termini che Luca usa si ricollegano alla terminologia usata per descrivere la teofania
(V. 1Re 19,11), e il termine “vento” allude già allo Spirito (pneuma), che ad esso viene spesso assimilato (Ez 37,9; Gv 3,8). Il fragore venuto dal cielo “riempie” tutta la casa, così come lo Spirito “riempirà” tutti i presenti.
“Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”.
Il fuoco, a cui le lingue assomigliavano, è anch’esso un’immagine ricavata dalla rappresentazione biblica della teofania (Es 19,18). È indicativo inoltre che, la parola di Dio ha preso la forma di una torcia di fuoco.
Il fatto che i presenti parlino “altre lingue” richiama la leggenda giudaica secondo la quale al Sinai la parola di Dio si divideva in 70 lingue. A prima vista sembra quindi che essi parlassero ognuno una lingua diversa dall’altra, ma dal seguito del racconto appare che si trattava piuttosto di un miracolo di audizione, simile a quello che, secondo le leggende giudaiche, si era verificato al Sinai: in realtà essi parlavano normalmente e i presenti li comprendevano nella propria lingua originaria.
Questo fenomeno non è conosciuto altrove nel N.T- perciò diversi studiosi pensano che originariamente si trattasse non di un ”parlare in altre lingue”, ma del “parlare in lingue”, cioè della “glossolalia”, un carisma che consiste nel lodare Dio in una lingua sconosciuta.
Il fragore della teofania viene udito anche all’esterno della casa in cui si trovavano gli apostoli, e subito si raduna una piccola folla di curiosi, pieni di stupore e di meraviglia, “perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua… delle grandi opere di Dio”. La gente che si era radunata era composta di giudei della diaspora e di proseliti, cioè pagani convertiti in modo pieno al giudaismo, venuti a stabilirsi a Gerusalemme. I loro paesi di origine sono elencati in modo tale da dare l’impressione che si tratti di tutto il mondo allora conosciuto. Pur essendo giudei di nascita o di religione, i testimoni della Pentecoste cristiana sono presentati come i rappresentanti delle nazioni alle quali sarà rivolto l’annunzio evangelico.
Lo Spirito Santo con la Sua discesa sugli Apostoli e Maria ha completato l’opera dell’Incarnazione di Dio: al momento della Sua prima discesa, lo Spirito Santo aveva compiuto nella santa Vergine l’Incarnazione del Verbo, permettendo che il Verbo divenisse, nel suo corpo, il Dio-Uomo, per esserlo nell’eternità. Al momento della Sua seconda discesa, durante la Pentecoste, lo Spirito Santo discende per dimorare nel Suo corpo che è la Chiesa.
Maria è presente poiché è l’unica che possa confermare la presenza e l’azione dello Spirito, in quanto lei è la sola che ne ha già fatto esperienza, avendo, per opera dello Spirito Santo, generato al mondo il Verbo consustanziale al Padre.
Gli Apostoli sono rivestiti di Spirito Santo e annunciano al mondo quel Verbo eterno, crocifisso e risorto che Maria ha generato nella carne. Essi proclamano, lei conferma! Loro annunciano, a lei è stato annunciato! Essi diffondo la Parola di Vita, lei ha dato vita alla Parola!
Salmo 103 Manda il tuo Spirito, Signore,
Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.
Il fatto che i presenti parlino “altre lingue” richiama la leggenda giudaica secondo la quale al Sinai la parola di Dio si divideva in 70 lingue. A prima vista sembra quindi che essi parlassero ognuno una lingua diversa dall’altra, ma dal seguito del racconto appare che si trattava piuttosto di un miracolo di audizione, simile a quello che, secondo le leggende giudaiche, si era verificato al Sinai: in realtà essi parlavano normalmente e i presenti li comprendevano nella propria lingua originaria.
Questo fenomeno non è conosciuto altrove nel N.T- perciò diversi studiosi pensano che originariamente si trattasse non di un ”parlare in altre lingue”, ma del “parlare in lingue”, cioè della “glossolalia”, un carisma che consiste nel lodare Dio in una lingua sconosciuta.
Il fragore della teofania viene udito anche all’esterno della casa in cui si trovavano gli apostoli, e subito si raduna una piccola folla di curiosi, pieni di stupore e di meraviglia, “perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua… delle grandi opere di Dio”. La gente che si era radunata era composta di giudei della diaspora e di proseliti, cioè pagani convertiti in modo pieno al giudaismo, venuti a stabilirsi a Gerusalemme. I loro paesi di origine sono elencati in modo tale da dare l’impressione che si tratti di tutto il mondo allora conosciuto. Pur essendo giudei di nascita o di religione, i testimoni della Pentecoste cristiana sono presentati come i rappresentanti delle nazioni alle quali sarà rivolto l’annunzio evangelico.
Lo Spirito Santo con la Sua discesa sugli Apostoli e Maria ha completato l’opera dell’Incarnazione di Dio: al momento della Sua prima discesa, lo Spirito Santo aveva compiuto nella santa Vergine l’Incarnazione del Verbo, permettendo che il Verbo divenisse, nel suo corpo, il Dio-Uomo, per esserlo nell’eternità. Al momento della Sua seconda discesa, durante la Pentecoste, lo Spirito Santo discende per dimorare nel Suo corpo che è la Chiesa.
Maria è presente poiché è l’unica che possa confermare la presenza e l’azione dello Spirito, in quanto lei è la sola che ne ha già fatto esperienza, avendo, per opera dello Spirito Santo, generato al mondo il Verbo consustanziale al Padre.
Gli Apostoli sono rivestiti di Spirito Santo e annunciano al mondo quel Verbo eterno, crocifisso e risorto che Maria ha generato nella carne. Essi proclamano, lei conferma! Loro annunciano, a lei è stato annunciato! Essi diffondo la Parola di Vita, lei ha dato vita alla Parola!
Dio per segnare le stagioni ha fatto il sole e la luna. Ritirando a sera la luce stende “le tenebre e viene la notte”; e anche nella notte prosegue la vita: “si aggirano tutte le bestie della foresta; ruggiscono i giovani leoni in cerca di preda”. Con i loro ruggiti “chiedono a Dio il loro cibo”. Il salmo presenta che gli animali carnivori sono stati creati così da Dio. Il libro della Genesi (1,30) presenta un mondo animale che si cibava di erbe nella situazione Edenica; ma è un'immagine rivolta a presentare come all'inizio non ci fosse la ferocia tra gli animali, benché non mancassero animali carnivori, creati da Dio, come il nostro salmo presenta.
L'uomo comincia il suo lavoro col sorgere del sole: “Allora l'uomo esce per il suo lavoro, per la sua fatica fino a sera”.
Il salmista loda ancora il Signore per le sue opere.
Passa quindi a considerare le creature del mare; in particolare il Leviatan, nome col quale l'autore designa la balena.
Il mondo animale è oggetto pure esso dell'assistenza divina: “Nascondi il tuo volto: li assale il terrore; togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere”. Se Dio ritrae la sua assistenza gli animali periscono, non hanno più l'alito delle narici “togli loro il respiro”.
Ma se manda il suo Spirito creatore sono creati. Lo Spirito di Dio è all'origine della creazione: (Gn 1,2).
Il salmista chiede che sulla terra ci sia la pace tra gli uomini, affinché “gioisca il Signore delle sue opere”. “Scompaiano i peccatori dalla terra e i malvagi non esistano più” dice, augurandosi un tempo dove gli uomini cessino di combattersi. Questo sarà nel tempo di pace che abbraccerà tutta la terra, quando la Chiesa porterà Cristo a tutte le genti; sarà la società della verità e dell'amore. Noi dobbiamo incessantemente impegnarci con la preghiera e la testimonianza per questo tempo che invochiamo nel Padre Nostro dicendo: “Venga il tuo regno”.
Commento di P.Paolo Berti
(Per avere un’idea più completa della bellezza di questo salmo è stato riportato il commento nella sua interezza e non solo per i versetti proposti dalla liturgia)
Dalla prima lettera di S.Paolo Apostolo ai Corinzi
Fratelli, nessuno può dire «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito. Vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo.
Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
1Cor 12,3b-7.12-13
La Prima lettera ai Corinzi, che Paolo scrisse da Efeso nel 53-54, è una delle più lunghe fra quelle scritte da Paolo, paragonabile a quella dei Romani, ambedue infatti sono suddivise in 16 capitoli.
La lettera si contraddistingue per la molteplicità dei temi che Paolo vi affronta per chiarire dubbi o difficoltà della comunità e per correggere abusi e deviazioni. In essa l’apostolo dovrà prendere posizioni anche piuttosto critiche, che potrebbero compromettergli la simpatia dei destinatari.
In questo brano tratto dal capitolo 12, scelto per la solennità di Pentecoste, è indicata l'azione dello Spirito Santo come garanzia per l'appartenenza dei credenti alla Chiesa. Qui l'Apostolo affronta il tema dell'unità nella diversità paragonando la comunità al corpo umano. Ai Corinti che aspiravano al dono della profezia Paolo ricorda che nella Chiesa vi sono diversi doni, la cui fonte è sempre lo Spirito Santo, che servono tutti alla vita e alla crescita della Chiesa.
Il brano inizia con una dichiarazione iniziata nel versetto precedente “Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!, “1Cor 12,2) così
“nessuno può dire «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo”
Lo Spirito non è neutrale, è lo Spirito di Dio e parla sempre in favore di Gesù Cristo perché lo riconosce Signore. E' questo il criterio per discernere i doni di profezia all'interno della Chiesa. L'appartenenza al Signore porta alla professione di fede, a riconoscere la centralità, la signoria di Cristo.
“Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito”.
I carismi sono i doni dello Spirito, si contrappongono alle esperienze estatiche che non hanno nessuna fecondità.
“Vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore”;
Per ministeri qui s’intende i servizi, la diaconia, che richiama un ministero preciso all'interno della Chiesa, giunto fino ad oggi.
“vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti”.
La Chiesa è un organismo che ha bisogno di diverse attività, ma tutte hanno come fonte Dio e sono volte al bene di tutti i credenti.
“A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”.
I Corinzi amavano avere qualche manifestazione spirituale, e il Signore ne aveva donate loro, ma l'unica fonte di tali doni è lo Spirito e l'unica destinazione di questi doni è il bene comune. Coloro che avevano il dono di parlare in lingue diverse sotto l'influsso di qualche spirito venivano ammirati ma non apportavano nessun bene alla Chiesa.
“Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo”.
Paolo utilizzando ampiamente l’apologo classico,che paragona la società a un corpo, il quale resta unito nonostante la diversità delle sue membra, introduce la famosa allegoria della Chiesa come corpo di Cristo: nessun membro può agire per se stesso, ma agisce in virtù della sua appartenenza alla Chiesa e compie ciò che è necessario al bene di tutto il corpo.
“Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito”.
L'evento vincolante per tutte le membra della Chiesa è il Battesimo. Grazie al battesimo si è formato questo corpo, le distinzioni etniche e sociali restano, ma perdono la loro importanza.
Ciò che ci accomuna è lo Spirito che ci ha dissetati, ci ha tolti cioè da una situazione di dolorosa precarietà e ci ha resi partecipi dello stesso corpo di Cristo.
Come i Corinzi allora, anche noi oggi, dobbiamo imparare a riconoscere non solo nei fenomeni straordinari, ma anche in quelli meno straordinari, l'azione carismatica dello Spirito; dobbiamo sapere che i fatti spettacolari, i miracoli più strepitosi, non sono l'unico modo in cui si manifestano la presenza e l'azione dello Spirito Santo.
Dal Vangelo secondo Giovanni
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Gv 20,19-23
L’evangelista Giovanni, dopo la visita dei due discepoli al sepolcro (20,1-10) e la manifestazione del Risorto a Maria Maddalena (20,11-18), narra in questo brano la duplice apparizione di Gesù agli Undici, a cui fa seguito immediatamente la prima conclusione del suo vangelo.
In questa apparizione Gesù si presenta ai discepoli per conferire loro, insieme al mandato missionario, anche il dono dello Spirito che li guiderà nel loro cammino. L’evento ha luogo nello stesso giorno della risurrezione, cioè il primo dopo il sabato: si tratta dunque del primo giorno della settimana, che, come l’inizio della creazione, segna la nascita di un mondo nuovo.
Sebbene le porte del luogo in cui si trovano i discepoli siano chiuse per timore dei giudei, Gesù non ha difficoltà a entrare perchè il Suo corpo ormai spiritualizzato non è più legato ai limiti propri dell’esistenza fisica, tipica di questo mondo. Egli presentandosi in mezzo ai discepoli, dice loro: “Pace a voi” (shalôm). Questo saluto è tipico del costume ebraico, ma qui Gesù intende esprimere qualcosa di più di un semplice saluto. Dopo essersi presentato ai discepoli, Gesù mostra loro le mani e il costato. Con questo gesto egli intende non soltanto dimostrare la realtà della Sua presenza, ma anche ricordare come sia proprio in forza della Sua morte in croce, che Egli si presenta a loro nella Sua nuova realtà.
L’apparizione di Gesù provoca nei discepoli una reazione di incontenibile e profonda gioia. Non si tratta semplicemente della soddisfazione di rivedere in vita una persona tanto amata, ma piuttosto di una gioia indescrivibile, perchè ultraterrena, che solo la presenza di Gesù porta con sé.
Poi Gesù ripete il saluto: “Pace a voi” e prosegue: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Manda proprio loro, che lo hanno abbandonato e che hanno avuto paura, a continuare la sua missione: donare agli uomini il perdono del Padre. Chi ha sperimentato la forza risanante del perdono è chiamato a donare agli altri la possibilità di vivere la stessa esperienza, testimoniando il volto di un Dio che perdona.
Gesù poi, alitando sui discepoli, dice: “Ricevete lo Spirito Santo”.
Gesù aveva promesso anche il dono dello Spirito Santo. Ne aveva parlato a più riprese nel discorso di addio dell'ultima cena. Il Paraclito sarebbe rimasto sempre con i discepoli (Gv 14,1-17); avrebbe reso testimonianza al mistero di Gesù per accompagnare i discepoli suoi testimoni (Gv 15,26), li avrebbe condotti alla verità tutta intera (Gv 16,13-15).
Ora Gesù dona questo Spirito, e lo dona come DIO ha fatto nel giorno in cui ha soffiato la vita nelle narici di Adamo. E' una nuova creazione, la storia ricomincia!
Solo lo Spirito è in grado di accomunare profondamente i discepoli al Maestro e come conseguenza di questo dono Egli dà ai discepoli il potere di rimettere i peccati: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Anche la remissione dei peccati, come la pace, era un dono promesso da DIO.. In particolare era messa in relazione con l'effusione dello Spirito di Dio. Con il suo soffio Gesù ha inaugurato una nuova creazione, una rinascita dell'uomo e dunque il perdono dei suoi peccati. Gesù aveva già detto: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. Gv 5,24
Ora dunque il potere di rimettere i peccati passa ai discepoli. E’ alquanto difficile pensare che la misericordia del Padre possa avere dei limiti ma esiste il perdono, ma esiste anche l’esclusione perché l’uomo è libero, anche di rifiutare l’amore di Dio. (È l’uomo che con la sua libertà può scegliere anche la propria rovina definitiva, la sua “morte seconda” di cui parla l’Apocalisse (Ap 20, 6).
La missione di Gesù non ha limiti e così la missione di tutti i Suoi discepoli, di ogni tempo e di ogni luogo. Uniti dobbiamo chiedere al Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la Sua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondendo sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo.
*****
LE PAROLE DI PAPA FRANCESCO
“Pentecoste arrivò, per i discepoli, dopo cinquanta giorni incerti. Da un lato Gesù era Risorto, pieni di gioia lo avevano visto e ascoltato, e avevano pure mangiato con Lui. Dall’altro lato, non avevano ancora superato dubbi e paure: stavano a porte chiuse con poche prospettive, incapaci di annunciare il Vivente.
Poi arriva lo Spirito Santo e le preoccupazioni svaniscono: ora gli Apostoli non hanno timore nemmeno davanti a chi li arresta; prima preoccupati di salvarsi la vita, ora non hanno più paura di morire; prima rinchiusi nel Cenacolo, ora annunciano a tutte le genti. Fino all’Ascensione di Gesù attendevano un Regno di Dio per loro (cfr At 1,6), ora sono impazienti di raggiungere confini ignoti. Prima non avevano quasi mai parlato in pubblico e quando l’avevano fatto avevano spesso combinato guai, come Pietro rinnegando Gesù; ora parlano con parresia a tutti.
La vicenda dei discepoli, che sembrava al capolinea, viene insomma rinnovata dalla giovinezza dello Spirito: quei giovani, che in preda all’incertezza si sentivano arrivati, sono stati trasformati da una gioia che li ha fatti rinascere. Lo Spirito Santo ha fatto questo. Lo Spirito non è, come potrebbe sembrare, una cosa astratta; è la Persona più concreta, più vicina, quella che ci cambia la vita. Come fa? Guardiamo agli Apostoli. Lo Spirito non ha reso loro le cose più facili, non ha fatto miracoli spettacolari, non ha tolto di mezzo problemi e oppositori, ma lo Spirito ha portato nelle vite dei discepoli un’armonia che mancava, la sua, perché Egli è armonia.
Armonia dentro l’uomo. Dentro, nel cuore i discepoli avevano bisogno di essere cambiati. La loro storia ci dice che persino vedere il Risorto non basta, se non Lo si accoglie nel cuore. Non serve sapere che il Risorto è vivo se non si vive da Risorti. Ed è lo Spirito che fa vivere e rivivere Gesù in noi, che ci risuscita dentro. Per questo Gesù, incontrando i suoi, ripete: «Pace a voi!» e dona lo Spirito. La pace non consiste nel sistemare i problemi di fuori – Dio non toglie ai suoi tribolazioni e persecuzioni – ma nel ricevere lo Spirito Santo. In questo consiste la pace, quella pace data agli Apostoli, quella pace che non libera dai problemi ma nei problemi, è offerta a ciascuno di noi. È una pace che rende il cuore simile al mare profondo, che è sempre tranquillo anche quando in superficie le onde si agitano. È un’armonia così profonda che può trasformare persino le persecuzioni in beatitudini. Quante volte, invece, rimaniamo in superficie! Anziché cercare lo Spirito tentiamo di rimanere a galla, pensando che tutto andrà meglio se passerà quel guaio, se non vedrò più quella persona, se migliorerà quella situazione. Ma questo è rimanere in superficie: passato un problema ne arriverà un altro e l’inquietudine ritornerà. Non è prendendo le distanze da chi non la pensa come noi che saremo sereni, non è risolvendo il guaio del momento che staremo in pace. La svolta è la pace di Gesù, è l’armonia dello Spirito.
Oggi, nella fretta che il nostro tempo ci impone, sembra che l’armonia sia emarginata: tirati da mille parti rischiamo di scoppiare, sollecitati da un nervosismo continuo che fa reagire male a ogni cosa. E si cerca la soluzione rapida, una pastiglia dietro l’altra per andare avanti, un’emozione dietro l’altra per sentirsi vivi. Ma abbiamo soprattutto bisogno dello Spirito: è Lui che mette ordine nella frenesia. Egli è pace nell’inquietudine, fiducia nello scoraggiamento, gioia nella tristezza, gioventù nella vecchiaia, coraggio nella prova. È Colui che, tra le correnti tempestose della vita, fissa l’ancora della speranza. È lo Spirito che, come dice oggi San Paolo, ci impedisce di ricadere nella paura perché ci fa sentire figli amati (cfr Rm 8,15).
È il Consolatore, che ci trasmette la tenerezza di Dio. Senza lo Spirito la vita cristiana è sfilacciata, priva dell’amore che tutto unisce. Senza lo Spirito Gesù rimane un personaggio del passato, con lo Spirito è persona viva oggi; senza lo Spirito la Scrittura è lettera morta, con lo Spirito è Parola di vita. Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia; con lo Spirito è vita.
Lo Spirito Santo non porta solo armonia dentro, ma anche fuori, tra gli uomini. Ci fa Chiesa, compone parti diverse in un unico edificio armonico. Lo spiega bene San Paolo che, parlando della Chiesa, ripete spesso una parola, “diversi”: «diversi carismi, diverse attività, diversi ministeri» (1 Cor 12,4-6).
Siamo diversi, nella varietà delle qualità e dei doni. Lo Spirito li distribuisce con fantasia, senza appiattire, senza omologare. E, a partire da queste diversità, costruisce l’unità. Fa così, fin dalla creazione, perché è specialista nel trasformare il caos in cosmo, nel mettere armonia. È specialista nel creare le diversità, le ricchezze; ognuno la sua, diversa. Lui è il creatore di questa diversità e, allo stesso tempo, è Colui che armonizza, che dà l’armonia e dà unità alla diversità. Soltanto Lui può fare queste due cose.
Oggi nel mondo le disarmonie sono diventate vere e proprie divisioni: c’è chi ha troppo e c’è chi nulla, c’è chi cerca di vivere cent’anni e chi non può venire alla luce. Nell’era dei computer si sta a distanza: più “social” ma meno sociali. Abbiamo bisogno dello Spirito di unità, che ci rigeneri come Chiesa, come Popolo di Dio, e come umanità intera. Che ci rigeneri. Sempre c’è la tentazione di costruire “nidi”: di raccogliersi attorno al proprio gruppo, alle proprie preferenze, il simile col simile, allergici a ogni contaminazione. E dal nido alla setta il passo è breve, anche dentro la Chiesa. Quante volte si definisce la propria identità contro qualcuno o contro qualcosa! Lo Spirito Santo, invece, congiunge i distanti, unisce i lontani, riconduce i dispersi. Fonde tonalità diverse in un’unica armonia, perché vede anzitutto il bene, guarda all’uomo prima che ai suoi errori, alle persone prima che alle loro azioni. Lo Spirito plasma la Chiesa, plasma il mondo come luoghi di figli e di fratelli. Figli e fratelli: sostantivi che vengono prima di ogni altro aggettivo. Va di moda aggettivare, purtroppo anche insultare. Possiamo dire che noi viviamo una cultura dell’aggettivo che dimentica il sostantivo delle cose; e anche in una cultura dell’insulto, che è la prima risposta ad un’opinione che io non condivido. Poi ci rendiamo conto che fa male, a chi è insultato ma anche a chi insulta. Rendendo male per male, passando da vittime a carnefici, non si vive bene. Chi vive secondo lo Spirito, invece, porta pace dov’è discordia, concordia dov’è conflitto. Gli uomini spirituali rendono bene per male, rispondono all’arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, al frastuono col silenzio, alle chiacchiere con la preghiera, al disfattismo col sorriso.
Per essere spirituali, per gustare l’armonia dello Spirito, occorre mettere il suo sguardo davanti al nostro. Allora le cose cambiano: con lo Spirito la Chiesa è il Popolo santo di Dio, la missione il contagio della gioia, non il proselitismo, gli altri fratelli e sorelle amati dallo stesso Padre. Ma senza lo Spirito la Chiesa è un’organizzazione, la missione propaganda, la comunione uno sforzo. E tante Chiese fanno azioni programmatiche in questo senso di piani pastorali, di discussioni su tutte le cose. Sembra che sia quella strada ad unirci, ma questa non è la strada dello Spirito, è la strada della divisione. ……. Egli «viene dov’è amato, dov’è invitato, dov’è atteso» (S. Bonaventura, Sermone per la IV Domenica dopo Pasqua). Fratelli e sorelle, preghiamolo ogni giorno. Spirito Santo, armonia di Dio, Tu che trasformi la paura in fiducia e la chiusura in dono, vieni in noi. Dacci la gioia della risurrezione, la perenne giovinezza del cuore. Spirito Santo, armonia nostra, Tu che fai di noi un corpo solo, infondi la tua pace nella Chiesa e nel mondo. Spirito Santo, rendici artigiani di concordia, seminatori di bene, apostoli di speranza.”
Papa Francesco Parte dell’Omelia del 9 giugno 2019
1 Nota L'origine della festa di Pentecoste è ebraica e si riferisce allo Shavuot, celebrata sette settimane dopo la Pasqua ebraica.
La festività era legata alle primizie del raccolto e alla rivelazione di Dio sul Monte Sinai, dove Dio ha donato al popolo ebraico la Torah.