Anche in questa domenica la liturgia ci presenta delle letture ricche di significato, che se anche non hanno un filo conduttore evidente, ci portano a considerare che ogni giorno, qualsiasi sia la nostra situazione di vita, dobbiamo saper discernere quale sia la scelta giusta per seguire il Signore.
Nella prima lettura, tratta dal primo libro dei Re, troviamo Salomone, che all’inizio del suo regno, innalza a Dio una preghiera bellissima in cui non chiede a Dio beni terreni, ma un cuore docile, la capacità di rendere giustizia al popolo e distinguere il bene dal male.
Nella seconda lettura, tratta dalla lettera ai Romani, San Paolo afferma che Dio ci ama e ci chiama a riprodurre in noi l’immagine del Suo Figlio Gesù, per partecipare alla Sua gloria.
Nel Vangelo di Matteo, come nella precedente domenica, Gesù ci propone tre mini-parabole : un tesoro nascosto nel terreno, una perla di alto valore, e una rete colma di pesci. Al termine delle parabole Gesù pone una domanda valida anche per noi oggi: “Avete compreso tutte queste cose?». Questo perchè Egli esige da noi una comprensione più profonda che possa diventare vita e lode. Questo concetto lo esprimeva molto bene uno dei massimi pensatori del secolo scorso il filosofo Martin Heidegger quando scriveva: “Pensare, capire è già ringraziare,lodare”
Dal primo libro dei Re
In quei giorni a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi.
Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te».
1R 3,5.7-12
Il primo, come il secondo libro dei Re, è un testo contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana. E‘ stato scritto in ebraico, ad opera di autori ignoti, intorno al VI-V secolo a.C. in Giudea. Il primo libro è composto da 22 capitoli che descrivono la morte di Davide, la successione del figlio Salomone, e dopo la morte di questi, la scissione del Regno di Israele, dal Regno di Giuda, il ministero del profeta Elia (nel nord) e i vari re di Israele e Giuda, eventi datati attorno al 970-850 a.C.. Il libro si apre con una sezione nella quale viene presentato il lungo regno di Salomone (cc. 1-11). In essa si fa anzitutto il racconto degli eventi che portano direttamente alla sua ascesa al trono davidico (cc. 1-2). Viene messa poi in luce la sapienza del re (3,1-5,14), che fa da premessa alla descrizione della sua impresa più importante, la costruzione del tempio di Gerusalemme (5,15-9,25). L'ultima parte è dedicata a una sintesi della grandezza di Salomone e alla sua degenerazione (9,26 - 11,43).
La parte riguardante la sapienza di Salomone si apre, dopo l’accenno al suo matrimonio con la figlia del faraone, con il racconto del sogno di Gabaon (3,4-15), mediante il quale la grande sapienza di Salomone viene presentata come un dono di Dio.
Il brano liturgico racconta un episodio il cui scopo è quello di mostrare ancora una volta il gradimento di Dio nei confronti di Salomone. Il re si trova presso l’altura di Gabaon, nei pressi di Gerusalemme, dove offre un numero enorme di olocausti (1000), segno della sua profonda religiosità. Salomone ha un’esperienza diretta di Dio, il quale gli appare in sogno e gli dice di chiedergli pure ciò che gli sta più a cuore. Sia nella Bibbia che nell’antico Oriente il sogno era uno dei mezzi principali di comunicazione tra Dio e l’uomo.
Salomone inizia la sua preghiera con una frase, omessa dalla liturgia, nella quale il re ricorda la grande benevolenza che il Signore ha dimostrato a Davide, soprattutto facendo sì che un suo figlio sedesse sul suo trono. Passando alla sua richiesta, egli premette che è diventato re al posto di Davide in un’età ancora giovanile, e si trova a capo di un popolo molto numeroso, che per di più ha la particolarità di essere stato scelto da Dio: perciò non sa ancora bene come comportarsi
In questa premessa è sviluppato il tema della indegnità e dell’incapacità dell’uomo di fronte ai compiti che Dio gli conferisce. Secondo la fede biblica è Dio che agisce nella storia della salvezza e i risultati sono da ascriversi solo a Lui e non alle capacità dell’uomo.
Dopo questa premessa Salomone formula la sua richiesta: Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?».
Il cuore è il centro della personalità, là dove si elaborano i sentimenti e le decisioni. Salomone chiede anzitutto un “cuore docile” (che sappia ascoltare) cioè la costante disposizione a compiere la volontà di Dio, contenuta nella legge (Dt 6,4; 17,17-19), e poi la capacità di distinguere il bene dal male. Solo così potrà “rendere giustizia” (giudicare, governare) un popolo numeroso, qual’è il popolo di Dio.
Salomone ha dunque capito che il governo di un popolo deve basarsi da una parte sull’obbedienza alla legge, che per Israele era parte integrante dell’alleanza con Dio, e dall’altra sulla capacità di applicarla alle situazioni concrete della vita (Pr 2,1-10).
La richiesta piacque al Signore che nella Sua risposta sottolinea anzitutto che Salomone avrebbe potuto chiedere una vita lunga, ricchezze, vittoria sui nemici; egli invece ha domandato il “discernimento nel giudicare”. Salomone non ha quindi dato importanza ai tre beni che stavano soprattutto a cuore ai governanti, ma ha chiesto la capacità di comportarsi sempre con giustizia nei confronti dei suoi sudditi.
Per questo Dio si impegna ad esaudire la richiesta di Salomone e a concedergli un “cuore saggio e intelligente” in una misura straordinaria, superiore a quella di chiunque è vissuto prima di lui e vivrà dopo di lui.
Nei versetti (13-14) non riportati dal brano liturgico, per dimostrare la Sua compiacenza Dio si impegna a donare a Salomone, oltre alla sapienza, anche i beni che egli non aveva chiesto, cioè ricchezza, onore e lunga vita, a condizione però che compia la volontà di Dio come ha fatto Davide suo padre. Gli sviluppi successivi del racconto proveranno che Dio gli ha veramente accordato non solo il dono della sapienza, ma anche tutti gli altri doni promessi. Tuttavia alla fine della sua vita Salomone si corromperà, provocando come castigo la divisione del regno (11,1-13).
La sapienza richiesta e ottenuta da Salomone mette l’uomo in sintonia con Dio, gli dà la possibilità di agire in Suo nome. Essa si manifesta nella ricerca del diritto e della giustizia. Non si tratta quindi di una facoltà solamente intellettuale, ma piuttosto di una virtù, che consiste nel saper mettere al primo posto gli interessi di Dio, che sono anche gli interessi veri di tutto il popolo.
Solo chi sa prendere una certa distanza da se stesso e guarda la realtà da un punto di vista superiore, è capace di vedere oggettivamente ciò che è bene e ciò che è male. Questa prospettiva è quella della fede, che per Israele aveva come punto di riferimento costante l’azione di Dio nella storia e le leggi che Egli ha dato al Suo popolo.
Salmo 118 Quanto amo la tua legge, Signore!
La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.
Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.
Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.
Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici.
Questo salmo è il più lungo di tutto il salterio. E' un salmo alfabetico; ogni otto distici comincia con una delle 22 lettere dell'alfabeto, risultando così un totale di 176 distici. Come procedimento usa il metodo della variazione concettuale, cioè vengono usati diversi termini per designare la medesima cosa: la legge divina.
La legge per il salmista non sono solo i dieci comandamenti, ma tutte le grandi azioni di Dio per la liberazione del popolo dall'Egitto, la conquista della terra promessa, la liberazione da Babilonia ecc.: “i tuoi giudizi sono giusti".
Il salmo è stato probabilmente scritto poco prima della deportazione a Babilonia.
Vi compare un giovane, che si trova esposto alla pressione di coloro che in Israele hanno aderito agli idoli e sono capeggiati dal re. Il pio giovane è combattuto per la sua fedeltà alla legge; viene calunniato ingiustamente, fatto oggetto di umiliazioni, di stenti, di insulti: “Gli orgogliosi mi insultano aspramente,ma io non mi allontano dalla tua legge.”; “Si vergognino gli orgogliosi che mi opprimono con menzogne”; “E' tempo che tu agisca, Signore, hanno infranto la tua legge”; “Uno zelo ardente mi consuma, perché i miei avversari dimenticano le tue parole”. I suoi persecutori sono giunti fin quasi ad eliminarlo: “Per poco non mi hanno fatto sparire dalla terra”. “Mi hanno scavato fosse gli orgogliosi” Egli, nel suo disagio continuo, si ritiene un forestiero, un pellegrino: “Forestiero sono qui sulla terra”; “nella dimora del mio esilio”. Tuttavia il giovane forte dell'osservanza della legge, che gli dà luce, sapienza, saggezza, non teme e spera che il Signore lo aiuterà: “Quelli che ti temono al vedermi avranno gioia”; “Davanti ai re parlerò dei tuoi insegnamenti e non dovrò vergognarmi”. I re sono, oltre il re di Gerusalemme, quelli dei popoli vicini, e in particolare quelli di Assiria e Babilonia, nonché del faraone. Tutto ciò fa intendere che il giovane doveva avere una certa autorità, e si potrebbe formulare un'identificazione con un sacerdote del tempio legato al movimento profetico.
Il giovane riconosce di essere stato lontano per il passato dalla parola di Dio: “Prima di essere umiliato andavo errando, ma ora osservo la tua promessa”.
Il giovane Giudeo intende, di fronte alla pressione di coloro che hanno abbandonato la legge e lo deridono, confermarsi saldamente nell'obbedienza alla legge, e intende testimoniarlo davanti a tutti; per questo chiede aiuto a Dio: “Mai dimenticherò i tuoi precetti, perché con essi tu mi fai vivere.”; “Ho giurato e lo confermo, di osservare i tuoi giusti giudizi”; “Rendi saldi i miei passi secondo la tua promessa”; “Mi venga in aiuto la tua mano, perché ho scelto i tuoi precetti". "Mi sono perso come pecora smarrita; cerca il tuo servo: non ho dimenticato i tuoi comandi”.
Il salmista presenta la ricchezza della parola di Dio, della sua legge, dei suoi precetti.
Il salmo nella Liturgia delle ore è presentato spezzato seguendo le lettere alfabetiche.
Il salmo è ricchissimo di sfaccettature luminose sul tema dell'osservanza della parola di Dio.
La recitazione cristiana vede la legge nel compimento attuato da Cristo (Mt 5,17).
Commento di P. Paolo Berti
Dalla lettera di S.Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.
Rm 8,28-30
L’apostolo Paolo in questo brano della lettera ai Romani, dopo aver prima affermato che la preghiera del credente è ispirata dallo Spirito che risiede in lui, e perciò non può non essere esaudita, prosegue:” noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno”, infatti proprio mediante il dono dello Spirito i credenti sono stati chiamati alla comunione con Dio, che rappresenta l’attuazione del Suo piano di salvezza.
La sicurezza dei credenti dunque si basa sulla presa di coscienza di quanto Dio ha fatto per loro, per questo Paolo ricorda che sono stati oggetto di un’iniziativa salvifica in forza della quale Dio li ha “predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo perché egli sia il primogenito tra molti fratelli;” e siccome li ha predestinati, Dio li ha anche “chiamati” e di conseguenza li ha giustificati e glorificati. (Anche in Ef 2,6, Col 2,12, Paolo considera come realtà già acquisita (verbi al passato) la resurrezione e il trionfo celeste dei cristiani che a volte esprimeva con verbi usati al futuro). Il processo della salvezza parte dunque da una atto libero e autonomo di Dio che decide di plasmare tutti gli esseri umani ad immagine del suo Figlio.
Il concetto di predestinazione, di cui Paolo si serve rivolgendosi a chi è già cristiano, non implica dunque una decisione divina che comporti l’esclusione di altri. Al contrario, l’apostolo se ne serve per mettere in luce la totale gratuità del dono che essi hanno ricevuto prima ancora che potessero anche lontanamente pensare di meritarlo con le proprie opere. E proprio perché si tratta di un dono gratuito, esso non può essere che universale. Da esso il peccatore è escluso non per volontà di Dio, bensì per un rifiuto personale. Paolo non affronta ora questo tema scottante, lasciando così aperto il mistero del piano salvifico di Dio, che si scontra con la libertà umana ma non può essere da essa minimamente condizionato.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Mt 13, 44-52
Questo brano del Vangelo di Matteo fa da conclusione al discorso di Gesù sul mistero del Regno dei cieli con la presentazione ancora di tre parabole, che sommate a quelle dei vangeli delle precedenti domeniche, raggiungono il numero di sette, numero che nel linguaggio biblico allude al senso della pienezza.
Il tesoro nascosto e la perla preziosa sono due parabole molto simili e, come quelle del grano di senapa e del lievito, propongono sostanzialmente lo stesso insegnamento. Mentre nelle due precedenti i protagonisti erano un uomo e una donna, qui si tratta di un contadino e di un facoltoso commerciante. Nella prima si tratta di un tesoro scoperto casualmente nel campo da un contadino, forse un salariato o un lavoratore a giornata. Per potersene impossessare egli deve comperare il campo in cui si trova il tesoro e a tale scopo è costretto a vendere tutto quello che ha. Viene sottolineata la sua sollecitudine per venire in possesso del tesoro e messo in risalto la gioia nell’aver realizzato il suo desiderio. Nella parabola della perla preziosa c’è invece un commerciante di perle che, avendo trovato una perla molto preziosa, vende tutti i suoi averi e la compra. Così facendo rinunzia anch’egli a tutta una serie di beni materiali per poter avere qualcosa che egli considera più grande e prezioso.
L’ultima parabola, quella della rete gettata in mare si rifà all’esperienza della pesca, professione molto usuale sulle rive del lago di Galilea. Questa volta il regno dei cieli è paragonato a una rete gettata in acqua che raccoglie ogni tipo di pesci. Alla fine della pesca il pescatore separa i pesci buoni da quelli cattivi. (Nel lago di Galilea vivevano diverse specie di pesci, di alcuni il consumo era vietato dalla Legge, perché privi di pinne e di squame e perciò considerati impuri (Lv 11,10)).
Al termine del discorso Gesù chiede: “Avete compreso tutte queste cose?” Dalla risposta positiva appare che l’insegnamento di Gesù sia stato compreso dai discepoli. Perciò Gesù soggiunge: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.
La domanda che Gesù pone fa pensare che neanche Lui considera scontata la sua comprensione e quindi non dobbiamo considerarla scontata anche noi. Occorre rifletterci a lungo, come chi usa tutto il tempo e le risorse per trovare il tesoro, la perla rara e preziosa. Gesù invita anche noi oggi ad essere come uno scriba, uno che legge e studia, per maturare un discepolato serio e motivato, non basato su emozioni o facili entusiasmi. Allora si diventa "simile a un padrone di casa", non uno schiavo o dipendente, ma un uomo libero, “ che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”, che ha in sé valori e tradizioni, ma che è anche aperto alle novità di Gesù e di un Dio che tutti i giorni non si stanca mai di fare progetti, suscitare vocazioni, idee nuove.
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Da Papa Francesco:
"Le brevi similitudini proposte dall’odierna liturgia sono la conclusione del capitolo del Vangelo di Matteo dedicato alle parabole del Regno di Dio. Tra queste ci sono due piccoli capolavori: le parabole del tesoro nascosto nel campo e della perla di grande valore. Esse ci dicono che la scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata. Ma in un caso e nell’altro resta il dato primario che il tesoro e la perla valgono più di tutti gli altri beni, e pertanto il contadino e il mercante, quando li trovano, rinunciano a tutto il resto per poterli acquistare. Non hanno bisogno di fare ragionamenti, o di pensarci, di riflettere: si accorgono subito del valore incomparabile di ciò che hanno trovato, e sono disposti a perdere tutto pur di averlo.
Così è per il Regno di Dio: chi lo trova non ha dubbi, sente che è quello che cercava, che attendeva e che risponde alle sue aspirazioni più autentiche. Ed è veramente così: chi conosce Gesù, chi lo incontra personalmente, rimane affascinato, attratto da tanta bontà, tanta verità, tanta bellezza, e tutto in una grande umiltà e semplicità. Cercare Gesù, incontrare Gesù: questo è il grande tesoro!
Quante persone, quanti santi e sante, leggendo con cuore aperto il Vangelo, sono stati talmente colpiti da Gesù, da convertirsi a Lui. Pensiamo a san Francesco di Assisi: lui era già un cristiano, ma un cristiano “all’acqua di rose”. Quando lesse il Vangelo, in un momento decisivo della sua giovinezza, incontrò Gesù e scoprì il Regno di Dio, e allora tutti i suoi sogni di gloria terrena svanirono. Il Vangelo ti fa conoscere Gesù vero, ti fa conoscere Gesù vivo; ti parla al cuore e ti cambia la vita. E allora sì, lasci tutto. Puoi cambiare effettivamente tipo di vita, oppure continuare a fare quello che facevi prima ma tu sei un altro, sei rinato: hai trovato ciò che dà senso, ciò che dà sapore, che dà luce a tutto, anche alle fatiche, anche alle sofferenze e anche alla morte.
Leggere il Vangelo. Leggere il Vangelo. Ne abbiamo parlato, ricordate? Ogni giorno leggere un passo del Vangelo; e anche portare un piccolo Vangelo con noi, nella tasca, nella borsa, comunque a portata di mano. E lì, leggendo un passo, troveremo Gesù. Tutto acquista senso quando lì, nel Vangelo, trovi questo tesoro, che Gesù chiama “il Regno di Dio”, cioè Dio che regna nella tua vita, nella nostra vita; Dio che è amore, pace e gioia in ogni uomo e in tutti gli uomini. Questo è ciò che Dio vuole, è ciò per cui Gesù ha donato sé stesso fino a morire su una croce, per liberarci dal potere delle tenebre e trasferirci nel regno della vita, della bellezza, della bontà, della gioia. Leggere il Vangelo è trovare Gesù e avere questa gioia cristiana, che è un dono dello Spirito Santo."
(Parte dell’Angelus 27 luglio 2014)